In un’indagine per omicidio volontario a cosa serve l’autopsia compiuta sul cadavere della vittima?
La risposta pare banale: a verificare se la condotta degli indagati abbia in qualche modo cagionato la morte del soggetto.
Quando – come nel caso dell’indagine riguardante la morte di Eluana Englaro – gli inquirenti sospettano che la morte sia stata procurata dall’azione (o dalle omissioni) di coloro che avevano la cura e la custodia della giovane – che era disabile e si trovava in stato di incoscienza – la risposta diventa più articolata: l’autopsia dovrà accertare se la morte della donna è stata cagionata dalla somministrazione di medicinali o sostanze oppure se essa è conseguenza della omissione della alimentazione e dell’idratazione cui, come tutti sanno, Beppino Englaro era stato autorizzato.
Insomma: Eluana Englaro sarebbe morta nello stesso modo e nello stesso tempo se fosse rimasta a Lecco, presso le Suore che la accudivano da tanti anni? Si trattava di una malata morente che lo spostamento ha solo fatto sì che ella morisse a Udine anziché a Lecco?
Tutti sanno che non è così: ma, appunto, la autopsia dovrebbe confermarlo scientificamente; dovrebbe anche togliere dubbi forti che sono sorti in conseguenza della rapidità della morte della giovane donna, dopo che erano state sospese l’alimentazione e l’idratazione: tre giorni invece dei quindici previsti.
A leggere le notizie di stampa, pare invece, che il quesito posto ai periti dal Procuratore della Repubblica di Udine sia principalmente quello del “rispetto del protocollo”, stilato dalla stessa associazione che aveva in “cura” Eluana Englaro: quasi che l’alto Magistrato già avesse deciso che quelle persone avevano il diritto ad uccidere la giovane disabile, purché lo facessero rispettando determinate procedure.
L’esito dell’autopsia, comunque, sembra rispondere alle domande fondamentali: se sarà confermato che “la morte di Eluana e' riconducibile ad un arresto cardiaco causato dalla disidratazione, dalla pneumopatia osteoplastica racenosa e dalla disreattivita' del controllo simpatico verso-motore del tetraplegico” (così avrebbe riferito il perito) si concluderebbe che la Englaro è morta di sete e che la morte non è sopraggiunta velocemente in conseguenza di sostanze somministrate allo scopo di accelerarla.
D’altro canto, nel cuore molti sono convinti che le vere cause della rapidità della morte di Eluana sono state il senso di abbandono, l’assenza improvvisa di chi aveva cura di lei, il lungo e faticoso viaggio in ambulanza, il trovarsi in un luogo sconosciuto e ostile: ma è ovvio che nessuna autopsia potrà fare emergere questi fattori.
Preoccupa e stupisce, piuttosto, la notizia di un ulteriore incarico peritale conferito dal Procuratore di Udine a due illustri clinici, i professori Fabrizio Tagliavini e Raffaele De Caro, avente ad oggetto l’esame dell’encefalo della giovane donna.
Da quanto emerge dalle notizie apparse sugli organi di stampa tale analisi è stata giustificata “per il totale completamento delle informazioni medico-legali”: ma i dubbi sono legittimi.
L’esame dell’encefalo era compreso nel “protocollo” che l’associazione i cui componenti sono oggi indagati per omicidio volontario avevano stilato autonomamente (il decreto della Corte d’appello di Milano non faceva alcun cenno ad un’analisi del genere). A cosa dovrebbe servire questo esame? Non certo a cambiare l’esito dell’autopsia (come lo stesso legale di Beppino Englaro ha esplicitamente affermato).
Serve piuttosto a “stabilire se la figlia di Beppino Englaro era in grado di sentire e avere delle funzioni”.
Attenzione! Nell’affidare questo incarico – i cui costi saranno a carico della collettività – il Procuratore rischia di prestarsi ad un’operazione mediatica ben precisa: Eluana poteva – doveva? – essere uccisa perché “non sentiva niente, non aveva funzioni”: era inutile, era “sostanzialmente morta”.
Leggiamo quanto disse qualche anno fa il (purtroppo) noto medico Silvio Viale: “Dopo 15 anni di stato vegetativo l'encefalo di Eluana, come ha confermato l'autopsia su Terry Schiavo, pesa meno della metà del normale, essendo in grave atrofia cerebrale irreversibile. Non ha alcun fondamento scientifico la affermazione che se venisse staccato il sondino, la ragazza sarebbe lasciata morire tra dolori atroci (…). Purtroppo Eluana non c'è più da tempo e quella non è più vita, poiché ella non ha più coscienza di se stessa” e, più recentemente: "Dopo 17 anni Eluana ha ancora una vita biologica, ma non ha più alcuna parvenza di vita relazionale: è un corpo senza più anima".
Terry Schiavo ed Eluana Englaro: due donne disabili uccise in ragione del loro stato, senza che nessuno abbia potuto davvero difenderle; due vittime oltraggiate anche dopo la morte, le cui salme sono esposte al mondo come oggetti di studio per far passare nell’opinione pubblica una sola idea: che altri disabili come loro possono essere uccisi senza problemi, senza sofferenze e senza rimorsi.
Prima che l’esito di questa nuova analisi venga resa pubblica stiano in guardia tutti coloro che hanno a cuore il bene della società e dell’umanità: lasciamo a Beppino Englaro e ai suoi compagni il disprezzo e lo scempio verso la povera Eluana, e ricordiamo che ogni vita umana, soprattutto la più debole e la più “inutile” è degna di essere difesa e protetta.
La risposta pare banale: a verificare se la condotta degli indagati abbia in qualche modo cagionato la morte del soggetto.
Quando – come nel caso dell’indagine riguardante la morte di Eluana Englaro – gli inquirenti sospettano che la morte sia stata procurata dall’azione (o dalle omissioni) di coloro che avevano la cura e la custodia della giovane – che era disabile e si trovava in stato di incoscienza – la risposta diventa più articolata: l’autopsia dovrà accertare se la morte della donna è stata cagionata dalla somministrazione di medicinali o sostanze oppure se essa è conseguenza della omissione della alimentazione e dell’idratazione cui, come tutti sanno, Beppino Englaro era stato autorizzato.
Insomma: Eluana Englaro sarebbe morta nello stesso modo e nello stesso tempo se fosse rimasta a Lecco, presso le Suore che la accudivano da tanti anni? Si trattava di una malata morente che lo spostamento ha solo fatto sì che ella morisse a Udine anziché a Lecco?
Tutti sanno che non è così: ma, appunto, la autopsia dovrebbe confermarlo scientificamente; dovrebbe anche togliere dubbi forti che sono sorti in conseguenza della rapidità della morte della giovane donna, dopo che erano state sospese l’alimentazione e l’idratazione: tre giorni invece dei quindici previsti.
A leggere le notizie di stampa, pare invece, che il quesito posto ai periti dal Procuratore della Repubblica di Udine sia principalmente quello del “rispetto del protocollo”, stilato dalla stessa associazione che aveva in “cura” Eluana Englaro: quasi che l’alto Magistrato già avesse deciso che quelle persone avevano il diritto ad uccidere la giovane disabile, purché lo facessero rispettando determinate procedure.
L’esito dell’autopsia, comunque, sembra rispondere alle domande fondamentali: se sarà confermato che “la morte di Eluana e' riconducibile ad un arresto cardiaco causato dalla disidratazione, dalla pneumopatia osteoplastica racenosa e dalla disreattivita' del controllo simpatico verso-motore del tetraplegico” (così avrebbe riferito il perito) si concluderebbe che la Englaro è morta di sete e che la morte non è sopraggiunta velocemente in conseguenza di sostanze somministrate allo scopo di accelerarla.
D’altro canto, nel cuore molti sono convinti che le vere cause della rapidità della morte di Eluana sono state il senso di abbandono, l’assenza improvvisa di chi aveva cura di lei, il lungo e faticoso viaggio in ambulanza, il trovarsi in un luogo sconosciuto e ostile: ma è ovvio che nessuna autopsia potrà fare emergere questi fattori.
Preoccupa e stupisce, piuttosto, la notizia di un ulteriore incarico peritale conferito dal Procuratore di Udine a due illustri clinici, i professori Fabrizio Tagliavini e Raffaele De Caro, avente ad oggetto l’esame dell’encefalo della giovane donna.
Da quanto emerge dalle notizie apparse sugli organi di stampa tale analisi è stata giustificata “per il totale completamento delle informazioni medico-legali”: ma i dubbi sono legittimi.
L’esame dell’encefalo era compreso nel “protocollo” che l’associazione i cui componenti sono oggi indagati per omicidio volontario avevano stilato autonomamente (il decreto della Corte d’appello di Milano non faceva alcun cenno ad un’analisi del genere). A cosa dovrebbe servire questo esame? Non certo a cambiare l’esito dell’autopsia (come lo stesso legale di Beppino Englaro ha esplicitamente affermato).
Serve piuttosto a “stabilire se la figlia di Beppino Englaro era in grado di sentire e avere delle funzioni”.
Attenzione! Nell’affidare questo incarico – i cui costi saranno a carico della collettività – il Procuratore rischia di prestarsi ad un’operazione mediatica ben precisa: Eluana poteva – doveva? – essere uccisa perché “non sentiva niente, non aveva funzioni”: era inutile, era “sostanzialmente morta”.
Leggiamo quanto disse qualche anno fa il (purtroppo) noto medico Silvio Viale: “Dopo 15 anni di stato vegetativo l'encefalo di Eluana, come ha confermato l'autopsia su Terry Schiavo, pesa meno della metà del normale, essendo in grave atrofia cerebrale irreversibile. Non ha alcun fondamento scientifico la affermazione che se venisse staccato il sondino, la ragazza sarebbe lasciata morire tra dolori atroci (…). Purtroppo Eluana non c'è più da tempo e quella non è più vita, poiché ella non ha più coscienza di se stessa” e, più recentemente: "Dopo 17 anni Eluana ha ancora una vita biologica, ma non ha più alcuna parvenza di vita relazionale: è un corpo senza più anima".
Terry Schiavo ed Eluana Englaro: due donne disabili uccise in ragione del loro stato, senza che nessuno abbia potuto davvero difenderle; due vittime oltraggiate anche dopo la morte, le cui salme sono esposte al mondo come oggetti di studio per far passare nell’opinione pubblica una sola idea: che altri disabili come loro possono essere uccisi senza problemi, senza sofferenze e senza rimorsi.
Prima che l’esito di questa nuova analisi venga resa pubblica stiano in guardia tutti coloro che hanno a cuore il bene della società e dell’umanità: lasciamo a Beppino Englaro e ai suoi compagni il disprezzo e lo scempio verso la povera Eluana, e ricordiamo che ogni vita umana, soprattutto la più debole e la più “inutile” è degna di essere difesa e protetta.
Giacomo Rocchi