domenica 24 giugno 2012

Non vedo, non sento, non parlo


Corte Costituzionale, sentenza n. 27 del 1975: "Ritiene la Corte che sia obbligo del legislatore predisporre le cautele necessarie per impedire che l’aborto venga procurato senza seri accertamenti sulla realtà e gravità del danno o pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione: e perciò la liceità dell’aborto deve essere ancorata ad una previa valutazione della sussistenza delle condizioni atte a giustificarle".

Ministero della Salute, Relazione al Parlamento sull'attuazione dela legge 194, anno 2011: "Impropriamente si è sempre usato il termine certificazione, dalla dizione del modello D12, per il documento firmato anche dalla donna, a cui viene rilasciata una copia. Nel documento (Art.5 della legge 194/78) si attesta lo stato di gravidanza e la richiesta della donna di interrompere la gravidanza, oltre all’invito a soprassedere per sette giorni. Trascorso tale periodo la donna può presentarsi presso le sedi autorizzate per ottenere l’interruzione di gravidanza, sulla base del documento rilasciato. Il rilascio del documento avviene dopo gli accertamenti e i colloqui previsti dall’Art.5".

Il Ministero della Salute attesta, in un documento ufficiale, che l'aborto nei primi novanta giorni non è ancorato a seri accertamenti sulla gravità del danno o del pericolo alla salute della madre. Quindi certifica che il legislatore ha violato l'obbligo che la sentenza n. 27 del 1975 imponeva.

Chi deve sanzionare la violazione di questo obbligo? Per quanto tempo ancora la Corte Costituzionale continuerà a fuggire di fronte alla legge 194?

Giacomo Rocchi

venerdì 1 giugno 2012

Il buon medico non uccide i bambini

La Consulta di Bioetica sta per lanciare il 6 giugno prossimo, in un convegno a Firenze, la campagna "Il buon medico non obbietta"; ma come si può vedere dal manifesto di lato, "rispetta la scelta della donna di interrompere la gravidanza".

Il convegno di Firenze avrà due relatori di eccezione: Carlo Flamigni, che in un'intervista ha già manifestato quello che pensa: "Quando la 194 fu approvata, l’obiezione di coscienza era necessaria perché c’erano vecchi ostetrici che, quando avevano deciso di fare quel mestiere, al pensiero di dover interrompere una gravidanza sarebbero morti d’infarto. Invece, da quel momento in poi ci siamo trovati di fronte al “problema” che la IVG fa parte della tutela della salute delle donne: se fossi un medico cattolico che non vuole interrompere le gravidanze, non andrei in un ospedale pubblico di ostetricia dove la prevenzione e la salute della donna sono al centro del mio lavoro. Vado a fare un’altra cosa! Cioè: non metto un musulmano a vendere carne di maiale! Questo andrebbe rivisto della legge, anche perché io stesso ho avuto molti collaboratori che sono venuti a dirmi che volevano fare obiezione, ma non perché fossero religiosi, ma perché: “mi rompo le scatole”, “è una cosa ripetitiva”, “mi danneggia nella carriera, perché se il direttore sanitario cattolico sa che non ho fatto obiezione, la prossima volta che ci sarà da assegnare un posto di aiuto non lo dà a me”. La libertà è un conto, ma quando c’è di mezzo la salute delle donne non ci può essere un criterio acritico per cui uno decide quello che vuole sulla base di principi e interessi privati e nessuno va a vedergli nelle tasche…": con ciò cercando di spiegare a se stesso come mai sono tanti i medici che fanno obiezione di coscienza, che è "una cosa cattolica", ma che fanno anche i non cattolici ... tutti opportunisti o ricattati? Ma il prof. non si sofferma tanto - basta gettare un po' di fango ... - e (memore di regimi diversi?) è disposto a passare anche sopra alla libertà personale "inviolabile" (art. 13 della Cost.) e al diritto di libertà religiosa altrettanto inviolabile (art. 19 della Cost.) in nome della "salute della donna" che l'aborto certamente non aiuta.

Il secondo relatore sarà Maurizio Mori, colui che, nel difendere a spada tratta i due ricercatori che hanno ipotizzato la liceità dell'infanticidio e scandalizzandosi per le reazioni violente, ha negato che "la tesi sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili", tacendo sul fatto che, oltre a scuotere i sentimenti, l'attuazione della proposta ucciderebbe i bambini.
Già, i bambini uccisi: il manifesto della campagna della Consulta di Bioetica non ne parla, non ne accenna nemmeno (guai!). Ma siccome non si tratta di uccidere bambini, ma di praticare l'interruzione volontaria di gravidanza, non è difficile scrivere: "il fatto di difendere il valore dell’autonomia e della libertà personale non comporta necessariamente l’accettazione del diritto all’obiezione di coscienza. Non c’è contraddizione del resto nell’affermare che l’autonomia e l’integrità rappresentano valori irrinunciabili e sostenere che per promuovere il benessere generale e la tutela dei diritti fondamentali dei singoli cittadini (ad es. alla salute) è giusto che lo stato limiti gli spazi di scelta dei singoli all’interno delle professioni" Vedete? L'IVG "tutela la salute", chi si rifiuta fa una scelta morale, il suo diritto può essere tranquillamente limitato.

La cancellazione della realtà dell'aborto travolge i fondamenti delle società democratiche.

Abbiamo permesso (molti di noi hanno voltato la faccia dal'altra parte) che si uccidessero tanti bambini innocenti: iniziamo a scoprire come la legalizzazione dell'aborto volontario mette in pericolo anche i nostri diritti e le nostre libertà.
Giacomo Rocchi