martedì 17 aprile 2012

Commento ad articolo di "E' Vita" - Avvenire del 12 aprile 2012


Colpisce l’enfasi con la quale viene evocata la famiglia dall’autore dell’articolo pubblicato con grande evidenza sull’inserto 'E’ vita' di Avvenire del 12 aprile scorso, secondo cui la fecondazione eterologa negherebbe appunto famiglia e natura.

E’ ben vero che la fivet eterologa, introducendo nella coppia un elemento esterno con l’apporto di un gamete terzo, indebolisce il legame tra i coniugi e viola il fondamentale diritto del figlio a conoscere le sue radici e quindi la sua identità. Ci auguriamo tutti che la prossima sentenza della Consulta di tutto ciò tenga conto e rigetti il ricorso che a far cadere il divieto di fivet eterologa mira, tuttavia vien da chiedersi quale idea abbiano della famiglia l’autore dell’articolo in questione e quanti sono convinti che sia proprio la fivet eterologa ad attentarne alla salvaguardia.

Le cose non stanno proprio così.

E’ infatti la famiglia il luogo della gratuità e dell’accoglienza, in cui ciascuno dei suoi membri è accolto e amato per quello che è. In cui ciascuno è dono per l’altro, a prescindere dalle qualità, dalle doti, dai meriti, o meno. In cui la debolezza, la disabilità, la diversità sono accolte, tutelate, accudite, amate. In cui il figlio è dono, sempre, e come tale accettato, anche quando non è programmato o si annuncia in un frangente non proprio favorevole, o quando, atteso e voluto, non arriva.

Questo lo statuto della famiglia, che mal si accorda non solo con la fivet eterologa, ma con la stessa fivet omologa la quale non è quel piccolo aiuto alla coppia che non riesce a generare, come la locuzione di procreazione medicalmente assistita lascia per lo più intendere, con uno dei più riusciti colpi dell’antilingua, ma una pratica profondamente ingiusta che si ritorce contro la famiglia.

Perseguendo la nascita di un figlio al costo della morte di decine di suoi fratelli, a tal scopo prodotti e sacrificati, la fivet mette in atto infatti contemporaneamente la reificazione del figlio, che diventa un prodotto da laboratorio da manipolare ad libitum, e il dominio dell’uomo sull’inerme qual è l’embrione nei primissimi momenti di vita, sottratto alla tutela e al calore del grembo materno.

Anche il legame di coppia è spesso messo a dura prova dalla fivet, ancorchè omologa, perché gli alti costi, in termini di ansia, frequentazioni di cliniche e laboratori con relative visite e analisi e stimolazioni ovariche, e attesa, spesso protratta per la durata di più tentativi, e destinata a non essere colmata che in percentuale assai esigua, caricano di sensi di colpa il coniuge responsabile della sterilità, fino a farlo sentire inadeguato e non accolto per quello che è.

Non la tutela della famiglia, dunque, ma un indebolimento e uno stravolgimento della sua stessa ontologia, che va di pari passo con l’erosione del concetto di famiglia e della sua natura che da tempo viene attuato da chi per ideologie e progetti suoi va perseguendone la destabilizzazione, lo sgretolamento e l’omologazione ad altre forme di convivenza che di famiglia hanno ben poco. Il collante delle quali non è più il senso del dono di sé e dell’accettazione dell’altro, comunque sia, qualunque cosa accada, ma un contrattualistico porsi aperto a contingenze e soluzioni che sembrino di volta in volta maggiormente gratificare.

Marisa Orecchia


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