venerdì 19 agosto 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/5



Abbiamo visto che i tutori e gli amministratori di sostegno potranno rifiutare terapie salvavita per conto degli interdetti.
Ci siamo chiesti se i medici, di fronte al loro rifiuto, potranno ugualmente curare l'interdetto oppure dovranno fermarsi. Su questo punto decisivo la Camera ha apportato delle modifiche al testo approvato dal Senato.

Ma i medici non possono fare niente? E il tutore deve rendere conto a qualcuno delle sue decisioni?
La Camera dei Deputati ha abrogato l’articolo 8 che, stabiliva che i medici, di fronte al rifiuto dei rappresentanti legali, dovessero ottenere l’autorizzazione da parte del giudice tutelare per poter curare il malato. Si tratta di abrogazione proposta da parlamentari orientati ad una maggiore difesa della vita e, quindi, va apprezzata per il principio che vuole affermare: “se il paziente deve essere curato perché rischia di morire, il medico lo cura , senza preoccuparsi di consenso o di autorizzazione!”.
Ma questo principio è garantito dal progetto? Quanto al tutore, il progetto prescrive che “la decisione … è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute e della vita del soggetto incapace” (art. 2 c. 6). In realtà è una difesa debolissima contro decisioni di tutori in senso eutanasico: per contestarle, infatti, i medici dovrebbero far causa al tutore; in caso contrario non potrebbero che prendere atto della “decisione” di non prestare il consenso.

Vi è, però, una seconda norma, introdotta alla Camera, che sembra più efficace: “Per tutti i soggetti interdetti o inabilitati il personale sanitario è comunque tenuto, in assenza di una dichiarazione anticipata di trattamento, a operare avendo sempre come scopo esclusivo la salvaguardia della salute e della vita del paziente” (articolo 2 comma 8).
Si stabilisce un obbligo del personale sanitario (e quindi, in primo luogo dei medici): è importante, perché la garanzia contro l’eutanasia per omissione di terapie è effettiva solo se i medici vengono obbligati a salvare la vita dei pazienti, con il rischio di responsabilità penale per omicidio in caso di morte del paziente non curato.
La norma, però, lascia un quadro giuridico molto vago: non stabilisce affatto che, quando l’omissione di terapie può portare alla morte il paziente, “il consenso informato al trattamento sanitario (del tutore) non è richiesto” (come invece viene stabilito per i casi di emergenza).

Insomma: i medici devono sempre curare i pazienti incapaci che rischiano di morire quando i loro rappresentanti legali rifiutano le terapie salvavita?
Il fatto che ciò non sia stato stabilito espressamente non può che far temere sviluppi (anche giurisprudenziali) in senso contrario alla vita.




Ma Beppino Englaro è un modello positivo o negativo per la maggioranza che sta approvando questa legge? E' paradossale: si impedirà (salvo sentenze della Corte Costituzionale ...) ai tutori di lasciar morire di fame e di sete gli interdetti ma, nello stesso tempo, si attribuirà loro il potere di rifiutare ogni terapia necessaria...



Giacomo Rocchi

giovedì 11 agosto 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/4



Medici con le mani legate, impossibilitati ad agire se manca il formale consenso; minacciati di abusi o di inesistente "accanimento terapeutico"; destinati ad obbedire ai desideri e ai rifiuti dei pazienti. In questo quadro si inseriscono i poteri dei legali rappresentanti degli incapaci: sembra una questione "secondaria", ma invece riguarda proprio l'eutanasia dei soggetti più deboli.



Cosa ha a che fare l’obiettivo sbandierato: “Mai più un’altra Eluana Englaro!” con una regolamentazione del consenso ai trattamenti sanitari a minorenni e interdetti? Sembrerebbe che si tratti di questioni distanti tra loro.
Eppure – nel silenzio “assordante” anche da parte dei cattolici favorevoli all’approvazione della legge – questo tema è stato presente fin dall’inizio nei progetti di legge ed è stato oggetto (anche nella discussione in Assemblea alla Camera) di ripetute modifiche, in un senso o nell’altro: il fatto è che negli interdetti e nei minorenni si rinvengono molti “candidati” ad un’azione eutanasica: e quindi l’interesse verso questo tema è inevitabilmente alto.
Ricordiamo: l’eutanasia non è altro che l’uccisione “pietosa” di una persona decisa da un’altra persona; come possono i suoi fautori perdere l’occasione di stabilire esplicitamente che, in certi casi, qualcuno ha il potere di imporre la cessazione o la non attivazione delle terapie che potrebbero salvare la vita di soggetti incapaci?

Partiamo dal Caso Englaro: a Beppino Englaro è stato attribuito dai Giudici il potere di far morire la figlia (che era stata interdetta) in quanto tutore.

E il progetto di legge?In caso di soggetto interdetto, il consenso informato è prestato dal tutore che sottoscrive il documento” (articolo 2 comma 6). Quindi: senza previo consenso del tutore il medico non può iniziare alcun trattamento sanitario sull’interdetto; se il consenso del tutore viene meno il medico deve interrompere il trattamento sanitario in atto sull’interdetto.

Non è sorprendente trovare questa norma in una legge che dovrebbe impedire il ripetersi di altre morti di interdetti decise da tutori?

Ma i tutori possono rifiutare il consenso anche a terapie salvavita?

Il progetto di legge stabilisce che “la decisione di tali soggetti riguarda anche quanto consentito dall’articolo 3”; l’articolo 3 è la norma che regola i contenuti e i limiti della dichiarazione anticipata di trattamento. Quindi il tutore (ma anche l’amministratore di sostegno) potrà “esplicitare” “la rinuncia … ad ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti terapeutici in quanto di carattere sproporzionato o sperimentale”.
Puntiamo l’attenzione sulla parola “ogni”: il tutore potrà rifiutare tutti i trattamenti terapeutici erogati all’incapace.



Quindi: Sì, il tutore può rifiutare il consenso anche a terapie salvavita.


L’unico limite è stabilito dal comma 5: “alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, devono essere mantenute fino al termine della vita … Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento”: e, appunto, poiché il potere dei tutori è ritagliato sul contenuto delle DAT, nemmeno loro potranno pretendere (come fece Beppino Englaro) che nutrizione e idratazione artificiale siano sospese all’interdetto.

Emerge con evidenza un enorme potere di vita e di morte attribuita ai tutori sui loro assistiti; si concretizza il rischio di eutanasia legale: l’incapace incosciente potrà essere lasciato morire non curandolo adeguatamente sulla base della “decisione” (si noti il vocabolo utilizzato dal legislatore) del tutore o dell’amministratore di sostegno!


In base a queste norme, poi, i tutore potranno agire in giudizio contro i medici per contestare le terapie erogate agli interdetti, sostenendo che sono illegittime per mancanza del loro consenso: esattamente l'azione che aveva promosso Beppino Englaro ...



Vedremo nel prossimo post se i medici potrannno superare il rifiuto alle terapie salvavita sugli interdetti opposto dai tutori. Fin da subito una riflessione: siamo già in piena eutanasia legale e ancora non siamo arrivati alle DAT ...



Giacomo Rocchi

martedì 9 agosto 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/3



Per giungere alla eutanasia legale è decisivo cambiare il ruolo dei medici: togliere loro iniziativa, libertà e responsabilità e trasformarli in esecutori degli ordini e dei divieti altrui. Abbiamo già visto come il divieto di accanimento terapeutico sia un'arma minacciosa (anche di tipo legale) verso i medici volenterosi. Vediamo ora in che modo il progetto di legge stravolga il rapporto medico - paziente.



Il progetto afferma un principio: “La presente legge … riconosce che nessun trattamento sanitario può essere attivato a prescindere dal consenso informato nei termini di cui all’art. 2 …” (articolo 1 lettera e). L’articolo 2 stabilisce che “salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente …” e aggiunge che “il consenso informato al trattamento sanitario può essere sempre revocato, anche parzialmente”.


Quali conseguenze? Ogni trattamento sanitario erogato contro o senza il consenso del paziente sarà illegittimo.

Il medico, cioè, non solo non potrà superare il rifiuto del paziente verso certe terapie, ma non potrà attivarsi ed agire in tutti i casi in cui, in precedenza, l’interessato non avrà manifestato esplicitamente il suo consenso (nel testo approvato al Senato addirittura si imponeva la forma scritta del consenso).

Gli esempi potrebbero essere innumerevoli: il medico agisce e cura perché ha la fiducia del paziente, e quindi agisce al meglio secondo la sua coscienza e la sua professionalità.


In questo modo viene cambiata radicalmente la natura del rapporto medico – paziente e, in definitiva, viene stravolto il fondamento stesso dell’agire dei medici: non più professionisti che tutelano la salute dei loro pazienti, che si affidano a loro sulla base di un comune obbiettivo, e che svolgono una funzione pubblica (lo dice l’articolo 32 della Costituzione: la salute degli individui è “interesse della collettività”); piuttosto soggetti che agiscono “a comando”: fanno ciò che il paziente chiede, non fanno ciò che il paziente non chiede o rifiuta.
E così, la norma che permette in ogni tempo la revoca del consenso comporta l’obbligo del medico di interrompere terapie – anche se utili – sulla base della sola richiesta del paziente.

Si tratta di una mutazione dell’arte medica che è già in atto da tempo ma che, con queste norme, diventa regola dell’ordinamento giuridico. I medici che agiscono su richiesta del "paziente" li conosciamo già nell'aborto volontario (essi uccidono un innocente su semplice richiesta della donna con l'alibi di scongiurare un "pericolo per la salute psichica"); e anche nella fecondazione in vitro, dove i tecnici producono, selezionano, congelano, sopprimono essere umani senza curare alcuna patologia, ma fregiandosi dell’essere le tecniche “medicalmente assistite”.
Nel campo dell'eutanasia, in Italia, abbiamo conosciuto Mario Riccio, colui che uccise a sua richiesta Piergiorgio Welby: fu prosciolto perché, si sostenne, aveva l'obbligo di interrompere la terapia in quanto il paziente aveva revocato il consenso; e abbiamo conosciuto i sanitari che - attuando le disposizioni del padre Beppino - hanno fatto morire Eluana Englaro: la sentenza che dava al tutore il potere di decidere la morte dell'interdetta affermava solennemente che il consenso informato è “fondamento di legittimazione dell’attività medica”.



In definitiva: si toglie ogni libertà di azione ai medici volenterosi e si spinge la classe medica a “lavarsi le mani” di fronte ai problemi (“non ha dato/ha revocato il consenso: se muore non è colpa mia, non ci posso fare nulla”); si favorisce, fra l’altro, l’azione di quei medici fin troppo abili ad orientare le decisioni del paziente nella direzione da essi voluta.

Si trattava di una soluzione obbligata? Niente affatto: la Costituzione, infatti, stabilisce solo che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”: quindi impedisce trattamenti in caso di rifiuto espresso del paziente (salvo imporli per esigenze di salute pubblica), ma non richiede affatto che tutti i trattamenti sanitari siano preceduti da un consenso espresso.

Il progetto prevede un’unica eccezione molto ristretta (oltre ai trattamenti sanitari obbligatori per problemi di malattia mentale): il consenso non è richiesto “quando ci si trovi in una situazione di emergenza, nella quale si configuri una situazione di rischio attuale e immediato per la vita del paziente” (articolo 2 comma 9); in sostanza, il medico dell’ambulanza che interviene per un incidente stradale (o casi simili) e trova persone incoscienti in pericolo di vita potrà (e dovrà) agire per salvargli la vita (verrebbe da dire: ci mancherebbe altro…).
Ma in tutti gli altri casi i medici non potranno agire in alcun modo senza avere acquisito in precedenza un consenso espresso e dovranno interrompere le terapie se il consenso sarà revocato (potranno essere interrotte anche le terapie iniziate dal medico dell’ambulanza di cui abbiamo parlato …).

Il consenso dovrà venire dal paziente; ma, se è minorenne o incapace, dai suoi rappresentanti legali: e su quest’ultimo inciso si potrà comprendere la effettiva portata della nuova legge.


Medici che devono obbedire alla volontà del paziente (anche se va contro il suo interesse e la buona pratica medica); tutori o genitori che possono pronunciarsi per conto di interdetti o minori: ci stiamo avvicinando al Caso Englaro ... lo vedremo nel prossimo post.


Giacomo Rocchi

giovedì 4 agosto 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/2



Nel primo post abbiamo chiarito che il timore è quello della legalizzazione dell'eutanasia non consensuale; abbiamo, poi, sottolineato che i principi generali enunciati dall'articolo 1 del progetto non forniscono garanzie certe, soprattutto se la legge si rivelerà essere una "legge ipocrita".
Iniziamo con questo post l'analisi delle norme operative del progetto.


Il divieto di accanimento terapeutico.
La prima norma che giustifica i timori si trova nell’articolo 1 lettera f: “La presente legge … garantisce che in casi di pazienti in stato di fine vita o in condizione di morte prevista come imminente, il medico debba astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura”.


Sembra una norma innocua, di buon senso, ma non lo è affatto: cerchiamo di capire perché.


In primo luogo: la legge stabilisce un divieto per il medico e, quindi, un diritto del paziente a non subire trattamenti “straordinari non proporzionati”.

Dove si farà valere questo diritto? Davanti ad un Giudice civile. Quando i radicali minacciano che, una volta approvata la legge, i Tribunali saranno pieni di cause intentate contro i medici, essi hanno in mente anche questa norma.
Quale sarebbe l’oggetto di questa causa? Il medico curante verrà citato in giudizio per contestare una terapia ancora in corso e per costringerlo a cambiarla o a farla cessare. Un giudice dovrà decidere sulle terapie erogate ai pazienti! Questo è l’effetto di avere trasformato una regola deontologica (quella che ciascun medico deve seguire in base ai principi della sua professione) in regola giuridica, stabilita per legge.
Chi potrà intentare la causa? Ovviamente il paziente, titolare del diritto; ma anche i suoi legali rappresentanti se si tratta di incapace: genitori di minori o tutori di interdetti. Come non ricordare Piergiorgio Welby (i giudici civili respinsero la sua domanda di sospendere le terapie, affermando che il suo diritto non era tutelato: ecco, ora lo sarà…) e Beppino Englaro (egli agiva come tutore della figlia interdetta, sostenendo che ogni terapia o cura prestata ad Eluana integrava un accanimento terapeutico…)? La legge normalizza due tipi di azione che molti avevano ritenuto al di fuori dell’ordinamento.

Non basta: chi sono i pazienti in stato di fine vita? La legge non fornisce alcuna definizione. Facciamola breve: è pacifico che i soggetti in cd. stato vegetativo (la condizione in cui si trovava Eluana Englaro) rientrano nella categoria; e come negare, ad esempio, che un anziano colpito da demenza non si trovi in stato di fine vita (in ogni caso morirà tra qualche anno…)?
Emerge una gravissima discriminazione: alcune categorie di pazienti non devono essere curati al meglio: le “condizioni cliniche” o gli “obbiettivi di cura” comportano il divieto di terapie straordinarie – quelle, cioè, che permettono alla medicina di avanzare ogni anno, scoprendo nuove terapie e raggiungendo nuovi risultati! E quali sono gli obbiettivi di cura per un soggetto in stato vegetativo persistente (“non tornerà mai più alla coscienza”) o per un vecchio malato di Alzheimer?


Concludiamo, quindi, su questo punto: lo scenario prevedibile è che altri Beppino Englaro promuovano cause contro i medici che curano altre Eluana Englaro, sostenendo che le terapie erogate sono sproporzionate, straordinarie, non adeguate agli obbiettivi di cura, tenuto conto delle condizioni cliniche.

In queste cause (sicuramente ammissibili, alla luce del testo di legge) si tenterà, tra l’altro, di scardinare il divieto di sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali (di cui parleremo nei prossimi post), sostenendo che si tratta di terapie, se del caso mediante apposite eccezioni di costituzionalità (pensate che non si troveranno Giudici civili pronti a sollevarle?).
L’effetto sui medici volenterosi si avrà, comunque, già prima: basterà la minaccia di promuovere una causa …

Il tutto – si noti bene – non ha niente a che vedere con il divieto dell’accanimento terapeutico, che riguarda soltanto i pazienti terminali, prossimi alla morte.

Nei prossimi post vedremo come il potere dato a tutori, amministratori di sostegno, genitori di minori completa questo quadro che già fa intravedere un uso della legge a favore dell'eutanasia dei malati.


Giacomo Rocchi







lunedì 1 agosto 2011

Testamento biologico: il progetto approvato alla Camera/1



La Camera dei Deputati ha approvato il progetto di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento apportando notevoli modifiche al testo già licenziato dal Senato della Repubblica.
Il Comitato Verità e Vita ha già espresso un giudizio sintetico, ribadendo la propria contrarietà all’approvazione di qualunque legge sul testamento biologico e riaffermando che una legge di questo tipo, se approvata definitivamente, sarebbe il secondo passo verso la legalizzazione dell’eutanasia, dopo il primo costituito dall’uccisione di Eluana Englaro autorizzata dai Giudici.
Occorre però un’analisi approfondita del testo del provvedimento: è probabile, infatti, che si tratti del testo definitivo della futura legge (difficilmente il Senato apporterà ulteriori modifiche). Il giudizio deve essere meditato e non affrettato o emotivo; dobbiamo cogliere il contenuto effettivo del progetto (in parte nascosto da coloro che lo promuovono) e capire gli effetti pratici prodotti nell’ordinamento giuridico e sulla vita delle persone e della società.



Quali timori?
Da questo progetto non temiamo solo una legalizzazione dell’eutanasia consensuale (quella richiesta da colui che vuole morire), ma soprattutto di quella non consensuale: ci opponiamo ad una legge che permetterà (di diritto o di fatto) l’uccisione (anche mediante omissione di cure e terapie) di persone che non hanno chiesto di morire e che non sono in grado di opporsi alle decisioni che possono portarle a morte.
Le leggi o le decisioni contro la vita, fino ad ora, hanno legittimato uccisioni di questo tipo: dall’aborto volontario, alla fecondazione extracorporea, alla decisione dei giudici nei confronti di Eluana Englaro. Non solo: queste leggi e queste decisioni hanno fatto emergere i criteri per individuare le vittime: la malattia o le malformazioni (aborto “terapeutico” e fecondazione in vitro con selezione degli embrioni), lo stato di salute al di sotto di una “qualità della vita” accettabile, “degna di essere chiamata vita” (il caso Englaro). È facile individuare le ulteriori “categorie” di potenziali vittime, già colpite in altre parti del mondo: i neonati malati o disabili, gli anziani in stato di demenza, i disabili in stato di incoscienza, i malati di patologie inguaribili e progressive.



I principi proclamati

L’articolo 1, intitolato “Tutela della vita e della salute” è rimasto quasi immutato rispetto al testo approvato al Senato: l’articolo proclama principi generali e ha lo scopo evidente di rassicurare coloro che difendono il diritto alla vita.
Ma ancora una volta si deve ribadire che le leggi ipocrite contengono sempre affermazioni di principio di contenuto opposto al loro reale contenuto: ben sapendo come la legge 194 del 1978 sull’aborto “tutela la vita umana dal suo inizio”, così come proclama, non possiamo certo esultare se il progetto di legge sulle DAT promette di garantire e tutelare la vita umana “anche nella fase terminale dell’esistenza e nell’ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere”!
Davvero definire la vita umana “diritto inviolabile e indisponibile” è un argine alle uccisioni fondate sul rifiuto di terapie salvavita? Sì, perché, che fosse un diritto inviolabile e indisponibile era un dato da sempre pacifico, ma dottrina e decisioni giudiziarie hanno ripetutamente affermato che il rifiuto espresso contro una terapia salvavita non è superabile dai medici, cosicché la morte può giungere su richiesta dell’interessato sulla base del principio della disponibilità della salute, mantenendo fermo il principio dell’indisponibilità della vita… (vi sembra una distinzione da azzeccagarbugli? Beh, questo è lo stato dell’arte …).
E perché dovremmo rallegrarci se la legge ribadisce la vigenza delle norme del codice penale che vietano l’omicidio, l’omicidio del consenziente e l’aiuto al suicidio (“La presente legge … vieta ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio”)? Sappiamo bene che quelle norme penali – ingiustamente interpretate da giudici civili e penali, che le hanno svuotate dall’interno – non hanno impedito il suicidio assistito di Piergiorgio Welby, né hanno fatto argine alla volontà di Beppino Englaro di far morire la figlia.
Quanto al “divieto di ogni forma di eutanasia” (ribadito una volta di più nel testo approvato alla Camera dei Deputati): che efficacia ha se, nella legge, non si rinviene nessuna definizione di “eutanasia”? La morte procurata mediante sospensione di terapie o cure pretesa dal soggetto interessato oppure dai suoi legali rappresentanti deve considerarsi eutanasia?



Vedremo nei prossimi post se e in che misura il progetto rispecchia davvero i principi che proclama.



Giacomo Rocchi