Un'altra donna morta per aborto volontario a Salerno: ne riferisce il Corriere del Mezzogiorno.
Pochi mesi fa abbiamo riferito della morte di una donna per aborto volontario a Milano e di quella dopo un'amniocentesi - verosimilmente eseguita in vista di un aborto tardivo - a Bologna.
Le morte delle donne si susseguono nel tempo, con cadenza regolare; e del resto, come stupirsi? Le statistiche americane indicano un numero di donne morte in conseguenza dell'esecuzione di aborto volontario legale nella misura di 0,64 donne morte ogni 100.000 interventi eseguiti?
Carlo Flamigni e Corrado Melega ("L'aborto farmacologico in Italia, in Nascere e morire: quando decido io?, a cura di Gianni Baldini e Monica Soldano, Firenze University Press, Firenze, 2011), nel riferire delle conseguenze dell'aborto chirurgico legale, indicano tra le complicazioni più frequenti e di maggiore gravità la perforazione dell'utero e le endometriti, oltre ai problemi che possono conseguire all'anestesia, aggiungendo che "non sono note le probabilità che le interruzioni chirurgiche delle gravidanza siano responsabili della formazione di sinechie all'interno della cavità uterina e di flogosi peritoneali e anessiali asintomatiche, tutte cause di sterilità secondarie". Riferiscono che, dal 2000 al 2006, sono stati denunciati 45 decessi negli Stati Uniti dovuti ad interruzioni di gravidanza legali e precisano che "la mortalità delle donne dovute ad aborto chirurgico si è aggirata tra un caso su 80.000 e un caso su 120.000".
In un passo successivo, Flamigni e Melega osservano: "le reali complicazioni degli aborti chirurgici in realtà non le conosce nessuno, anche perché le denunce vengono quasi sempre compilate al momento della dimissione e di cosa succede il giorno dopo nessuno si interessa (almeno ai fini della raccolta dati). Dunque, mancano i dati relativi alle gravidanze extrauterine non diagnosticate, alle perforazioni dell'utero, alle flogosi tardive, alle conseguenze di interventi eseguiti per sinechie intrauterine e così via. Resta poi il miracolo delle anestesie, che non fanno danni solo alle donne che abortiscono (...) se le statistiche hanno un senso, ogni anno ci dovrebbero essere tra uno a cinque casi di decesso da anestesia generale in Italia, ma non se ne sente parlare da tempi immemorabili".
Flamigni e Melega domandano retoricamente: "Fa notizia un decesso se riguarda una interruzione di gravidanza?"
Già: fa notizia una donna morta in un intervento legale diretto all'uccisione del suo bambino?
E come mai le Relazioni Ministeriali sull'attuazione della legge 194 di queste morte non ne fanno alcun cenno?
E il famoso "consenso informato"? Le donne che si sottopongono all'aborto legale sono avvisate dei pericoli per la loro vita e per la loro salute?
Giacomo Rocchi
Pochi mesi fa abbiamo riferito della morte di una donna per aborto volontario a Milano e di quella dopo un'amniocentesi - verosimilmente eseguita in vista di un aborto tardivo - a Bologna.
Le morte delle donne si susseguono nel tempo, con cadenza regolare; e del resto, come stupirsi? Le statistiche americane indicano un numero di donne morte in conseguenza dell'esecuzione di aborto volontario legale nella misura di 0,64 donne morte ogni 100.000 interventi eseguiti?
Carlo Flamigni e Corrado Melega ("L'aborto farmacologico in Italia, in Nascere e morire: quando decido io?, a cura di Gianni Baldini e Monica Soldano, Firenze University Press, Firenze, 2011), nel riferire delle conseguenze dell'aborto chirurgico legale, indicano tra le complicazioni più frequenti e di maggiore gravità la perforazione dell'utero e le endometriti, oltre ai problemi che possono conseguire all'anestesia, aggiungendo che "non sono note le probabilità che le interruzioni chirurgiche delle gravidanza siano responsabili della formazione di sinechie all'interno della cavità uterina e di flogosi peritoneali e anessiali asintomatiche, tutte cause di sterilità secondarie". Riferiscono che, dal 2000 al 2006, sono stati denunciati 45 decessi negli Stati Uniti dovuti ad interruzioni di gravidanza legali e precisano che "la mortalità delle donne dovute ad aborto chirurgico si è aggirata tra un caso su 80.000 e un caso su 120.000".
In un passo successivo, Flamigni e Melega osservano: "le reali complicazioni degli aborti chirurgici in realtà non le conosce nessuno, anche perché le denunce vengono quasi sempre compilate al momento della dimissione e di cosa succede il giorno dopo nessuno si interessa (almeno ai fini della raccolta dati). Dunque, mancano i dati relativi alle gravidanze extrauterine non diagnosticate, alle perforazioni dell'utero, alle flogosi tardive, alle conseguenze di interventi eseguiti per sinechie intrauterine e così via. Resta poi il miracolo delle anestesie, che non fanno danni solo alle donne che abortiscono (...) se le statistiche hanno un senso, ogni anno ci dovrebbero essere tra uno a cinque casi di decesso da anestesia generale in Italia, ma non se ne sente parlare da tempi immemorabili".
Flamigni e Melega domandano retoricamente: "Fa notizia un decesso se riguarda una interruzione di gravidanza?"
Già: fa notizia una donna morta in un intervento legale diretto all'uccisione del suo bambino?
E come mai le Relazioni Ministeriali sull'attuazione della legge 194 di queste morte non ne fanno alcun cenno?
E il famoso "consenso informato"? Le donne che si sottopongono all'aborto legale sono avvisate dei pericoli per la loro vita e per la loro salute?
Giacomo Rocchi