mercoledì 26 novembre 2014

"Laico" o "intollerante"? Ugo Ruffolo sull'obiezione di coscienza

Ugo Ruffolo, in un articolo comparso sul Quotidiano nazionale il 15 novembre, commenta il discorso del Papa ai medici cattolici nel quale è stato evocata l'obiezione di coscienza.

Ruffolo invoca la laicità dello Stato occidentale per giungere ad affermare: "Il diritto all'obiezione è un'eccezione"; ma, in realtà, molto più banalmente, usa la forza della legge (la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale e la legge 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza): l'obiezione è ammessa solo nei limiti di legge che, per di più, devono essere interpretati in maniera restrittiva, così da evitare applicazioni "lassiste", come quelle che pretendono di riconoscere l'obiezione anche ai farmacisti per la vendita della cd. "pillola del giorno dopo".

Ruffolo sembra aver dimenticato del tutto l'origine degli Stati democratici, sorti dopo la Seconda guerra mondiale, causata da Stati totalitari che nessuna libertà di coscienza riconoscevano. 
Sarà un caso che la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (1950) proclami solennemente che "ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione" (art. 9), come del resto fa anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948)? Sembra proprio di no, se leggiamo un passo della sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo (Caso Ercep contro Turchia, decisione del 22/11/2011): "Ciò che è protetto dall'Articolo 9 della Convenzione, la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, è uno dei fondamenti di una "società democratica" ai sensi della Convenzione (…) Si tratta del pluralismo, conquistato a caro prezzo nel corso dei secoli e da cui dipende il tipo di società. (…) il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura sono le caratteristiche di una società democratica".

E allora: il riconoscimento dell'obiezione di coscienza è un'eccezione in uno Stato democratico o, piuttosto, uno degli elementi distintivi della natura democratica dello Stato?

Nemmeno la Corte Costituzionale italiana ha mai avuto dubbi sulla risposta: "A livello dei valori costituzionali, la protezione della coscienza individuale si ricava dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti all'uomo come singolo, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia di questi ultimi senza che sia stabilita una correlativa protezione costituzionale di quella relazione intima e privilegiata dell'uomo con se stesso che di quelli costituisce la base spirituale-culturale e il fondamento di valore etico-giuridico" (Corte Cost., sent. n. 467 del 1991). 
In altre parole: l'obiezione di coscienza è garantita nel nostro Paese in base ai Principi Fondamentali della Costituzione e riconosciuta come diritto inviolabile.

A me non sembra proprio che, come sostiene Ruffolo, "circoscrivere l'obiezione sia essenziale in una società ormai pluriconfessionale e plurietnica": vuole forse dire che, visto il pluralismo etico, le libertà fondamentali devono essere ridotte? Piuttosto è su questo punto che si misurerà la capacità della nostra società e delle nostre istituzioni di mantenere la loro natura democratica e tollerante: cioè di restare, appunto, una società laica, che non fa della legge una nuova religione!

E allora: davvero si vuole negare ai farmacisti il diritto di esercitare la propria scienza e coscienza nella vendita di preparati che possono avere effetti abortivi, in un Paese come il nostro in cui le farmacie sono diffuse e numerose su tutto il territorio nazionale e per un preparato che deve essere assunto entro 72 ore? Davvero si vogliono punire, in un modo o nell'altro, i medici e gli infermieri che rifiutano di partecipare alle pratiche abortive, in un Sistema sanitario che – come dimostra ampiamente la Relazione del Ministro della Salute – garantisce l'esecuzione dell'intervento a tutte le donne che lo chiedono entro due o tre settimane?


Ruffolo è mosso dal "culto dei diritti umani" o dal furore ideologico e dall'intolleranza?

Giacomo Rocchi

domenica 23 novembre 2014

Gli "eccessi" di Avvenire e le "ferite" della fecondazione eterologa

Lo smarrimento del mondo cattolico italiano dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa è evidente.

Un chiaro segnale viene dall'articolo di Guido Mocellin su Avvenire del 19 novembre secondo cui la "falsa compassione" di cui aveva parlato Papa Francesco nel discorso ai Medici Cattolici sarebbe stata riferita "ad aborto, eutanasia ed eccessi della fecondazione artificiale".
 "Eccessi"? Rileggendo il discorso, questa parola non si trova. 
Il Papa aveva detto: 
"Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre".
Ora: quando si "produce" un figlio e lo si considera un "diritto"? Con la fecondazione artificiale, di qualunque tipo. Come sappiamo, infatti, la legge 40 – che permetteva solo alcune pratiche di fecondazione artificiale – usa l'espressione "produzione di embrioni"; che poi il ricorso alla fecondazione artificiale – e quindi alla "produzione" dei bambini – sia un "diritto" degli adulti lo dice sempre la legge 40: "la presente legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti" …
Quali sarebbero gli "eccessi" cui implicitamente Papa Francesco avrebbe fatto cenno? Forse la fecondazione eterologa? Il Papa non ha fatto nessuna distinzione. Secondo Mocellin il Papa avrebbe condannato solo la sperimentazione sugli embrioni, cui ha fatto esplicito cenno? Pare proprio di no, visto che, al contrario, l'accento è stato posto sulla contrapposizione "produrre – accettare il dono": del resto, la sperimentazione sugli embrioni non trasferiti è diretta conseguenza dell'averli prodotti e, quindi, resi "cose", senza alcun valore o dignità.

Il riferimento agli "eccessi" della fecondazione artificiale, quindi, è incomprensibile: o meglio, si comprende solo sulla base del riflesso condizionato conseguente all'approvazione, su spinta del mondo cattolico ufficiale, di una legge che autorizzava espressamente – anzi: riconosceva come "diritto" – la pratica di produzione degli essere umani …

L'articolo di Franco Olearo apparso sul numero di ottobre di Studi Cattolici ("Le ferite della fecondazione eterologa") dimostra ancor di più lo smarrimento di cui si è detto. 
L'autore sostiene, con riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale, che "vicende come questa mostrano con dolorosa evidenza l’esistenza di vuoti legislativi in difesa dei più deboli": è proprio vero, manca una legge che vieti esplicitamente la fecondazione artificiale extracorporea, la cui applicazione determina la morte di almeno nove embrioni prodotti su dieci... Ma a Olearo non paiono interessare gli embrioni morti (davvero troppo deboli anche per lui?), ma solo quei pochissimi embrioni che – al contrario dei loro fratelli – ce la fanno a nascere …

Vediamo le quattro "ferite nel tessuto sociale" che, secondo Olearo, la sentenza della Corte Costituzionale provocherà:
1. Viola i diritti del nascituro. Forse l'A. dovrebbe precisare: "viola i diritti di quell'embrione che, per sua fortuna e al contrario della stragrande maggioranza degli altri, riesce a nascere …". Sì perché, poco dopo, Olearo rimarca che "un concepito che si trova nel grembo materno non è un semplice ammasso di tessuti; è già un essere umano completo di tutte quelle caratteristiche, doti, inclinazioni che gli sono state trasmesse dai suoi genitori biologici": a dire la verità, l'embrione è un "essere umano completo" già prima di essere trasferito nel grembo materno e comunque già prima di avere attecchito nel corpo della donna (la maggior parte degli embrioni prodotti in vitro muore per mancato attecchimento). 
Non è che i "diritti del nascituro" sono stati violati con il solo fatto della loro produzione-artificiale-per-la-morte?
2. Crea squilibrio all'interno della coppia. Avete presente come funziona la fecondazione in vitro, con uomo e donna trasformati in "produttori di gameti" e la donna anche in "contenitrice"? Secondo voi l'iter che si segue non crea "squilibrio" all'interno della coppia? Ma Olearo si riferisce alla possibilità di adozione: "Nel caso di coppie sterili, il gesto più bello e generoso che esse possano fare è quello di allevare un orfano". Già: ma non vale per tutte le coppie sterili? Allora ha ragione la Corte Costituzionale a sottolineare che il legislatore aveva deciso di trattare più duramente proprio le coppie più sfortunate, cioè quelle assolutamente sterili! Solo quelle dovrebbero (per usare le parole di Papa Francesco) accogliere il figlio come un dono mediante l'adozione? 
Il fatto che le altre lo producano e lo considerino un diritto non turba Olearo?
3. Viola una volontà popolare chiaramente espressa. "Chiaramente espressa"? Coloro che non hanno votato hanno "espresso" una volontà? Pensate che Olearo sostiene l'opportunità che "la volontà espressa da un voto popolare, soprattutto quando raggiunge questi livelli di consenso, diventi vincolante anche nei confronti della Magistratura". L'Autore confonde una strategia vincente come fu quella dell'astensione al referendum con la natura giuridica di quel successo (che, comunque, non sarebbe stata vincolante per la Corte Costituzionale) …
4. Determina un cambiamento di atteggiamento: dalla procreazione all’acquisto. Il vero problema, caro Olearo, è che è la fecondazione artificiale in sé che "determina un cambiamento di atteggiamento": dalla "accoglienza del figlio come dono" al "diritto" della sua "produzione" (se del caso, pagando quanto serve) …

Olearo conclude polemicamente: "oggi, in assenza di leggi che definiscano i diritti dei nascituri, un cane randagio ha maggiori tutele di un essere umano"; vuole sostenere che è stata la sentenza sull'eterologa a determinare questa situazione? E che la legge 40 – o "Uno di Noi", che promuoveva nel 2013 – difendevano davvero il diritto alla vita e all’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento?

Giacomo Rocchi

sabato 15 novembre 2014

Papa Francesco parla di difesa della vita: aborto, fecondazione artificiale, eutanasia, obiezione di coscienza

"Non c’è dubbio che, ai nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa. In effetti, le conquiste della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui non si allontanano dalla radice etica di tali discipline. (...)

"L’attenzione alla vita umana, particolarmente a quella maggiormente in difficoltà, cioè all’ammalato, all’anziano, al bambino, coinvolge profondamente la missione della Chiesa. Essa si sente chiamata anche a partecipare al dibattito che ha per oggetto la vita umana, presentando la propria proposta fondata sul Vangelo.

Da molte parti, la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al “benessere”, alla bellezza e al godimento della vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza. In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre “di qualità”.

Non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra! Come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori.(...)

Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto (cfr Lc 10,33).

La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come “buoni samaritani”, avendo cura in modo particolare degli anziani, degli infermi e dei disabili.

La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di
coscienza. E a tante conseguenze sociali che tale fedeltà comporta. 

Noi stiamo vivendo un tempo di sperimentazioni con la vita. Ma uno sperimentare male. Fare figli invece di accoglierli come dono, come ho detto. Giocare con la vita. 
Siate attenti, perché questo è un peccato contro il Creatore: contro Dio Creatore, che ha creato le cose così.

Quando tante volte nella mia vita di sacerdote ho sentito obiezioni. “Ma, dimmi, perché la Chiesa si oppone all’aborto, per esempio? E’ un problema religioso?” – “No, no. Non è un problema religioso” – “E’ un problema filosofico?” – “No, non è un problema filosofico”.
E’ un problema scientifico, perché lì c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. 
“Ma no, il pensiero moderno…” – “Ma, senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno, la parola uccidere significa lo stesso!”. 
Lo stesso vale per l’eutanasia: tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa questa eutanasia nascosta. Ma, anche c’è l’altra. 
E questo è dire a Dio: “No, la fine della vita la faccio io, come io voglio”. Peccato contro Dio Creatore. 

Pensate bene a questo".

sabato 8 novembre 2014

Le favole della LAIGA sull'obiezione di coscienza all'aborto

Quando la Relazione del Ministro della Salute sull'attuazione della legge 194 sull'aborto ha messo nero su bianco che il numero degli obiettori di coscienza non incide affatto né sulla efficienza del "servizio" (sic!), né, tanto meno, sulla quantità di lavoro dei medici non obiettori, l'imbarazzo di coloro che stanno combattendo contro l'esercizio della coscienza da parte dei sanitari è stato palese.

Vi ricordate? Il quadro che era stato pubblicamente rappresentato e che ha costituito la base del ricorso della CGIL al Consiglio Sociale Europeo era di donne rifiutate dagli ospedali, costrette ad emigrare in altre Regioni per esercitare il loro diritto ad abortire e, insieme, quello dei pochi medici non obiettori sottoposti a turni di lavoro massacranti e costretti a dedicarsi soltanto agli aborti, quindi senza nessuna possibilità di qualificazione professionale. Il ricorso della CGIL lamentava, infatti, anche la lesione dei diritti dei lavoratori non obiettori.

Il fatto è che la Relazione del Ministro, quest'anno, si basa su dati indiscutibili ed approfonditi.
Sull'efficienza del "servizio aborto", leggiamo: 
"Sono in diminuzione i tempi di attesa tra rilascio della certificazione e intervento (possibile indicatore di efficienza dei servizi). La percentuale di IVG effettuate entro 14 giorni dal rilascio del documento è infatti aumentata rispetto a quella riscontrata nel 2011 (61.5% rispetto a 59.6%) ed è leggermente diminuita la percentuale di IVG effettuate oltre 3 settimane di attesa (15.5% nel 2012 rispetto al 15.7% nel 2011), persistendo comunque una non trascurabile variabilità tra Regioni".
Avete capito bene: quando voi dovete fissare con un ospedale pubblico un'operazione qualsiasi, che tempi di attesa vi aspettano? Beh, ora sappiamo quali sono i tempi di attesa delle donne che intendono abortire: più di tre su cinque sono sottoposte all'intervento entro due settimane dal rilascio del certificato. Attenzione: la legge prevede che l'intervento non possa essere effettuato prima di una settimana dal certificato; questo significa che tre donne su cinque ricevono il "trattamento" richiesto entro una settimana!

E sul carico di lavoro dei medici non obiettori? Il Ministro della Salute riferisce di dati raccolti in un "tavolo tecnico" istituito con tutte le Regioni: quindi non si è limitato a raccogliere i dati che le Regioni trasmettevano, ma ha ulteriormente approfondito l'argomento. Ebbene, tra i tanti emerge questo dato clamoroso: 
"i dati relativi al 2012 confermano il trend del 2011: considerando 44 settimane lavorative in un anno, il numero di IVG per ogni ginecologo non obiettore, settimanalmente, va dalle 0.4 della Valle D’Aosta alle 4.2 del Lazio, con una media nazionale di 1.4 IVG a settimana".
Ancora una volta avete capito bene: i medici non obiettori costretti a fare solo aborti con turni massacranti? In media, ciascuno di loro fa 1,4 aborti a settimana, quindi non vi dedica più di mezz'ora! La situazione peggiore è quella del Lazio: 4,2 aborti a settimana in media: quindi circa due ore a settimana!

Di fronte a questi dati oggettivi e indiscutibili, la tattica non poteva che essere quella di gettare dapprima un po' di fumo, e poi cominciare nuovamente a raccontare storie, facendo finta che non sia successo nulla.
La LAIGA (l'associazione dei medici non obiettori) si fa carico di entrambi i compiti. 
Subito dopo la diffusione della Relazione ministeriale, ad esempio, su Il Fatto Quotidiano erano state intervistate la Presidente d.ssa Silvana Agatone e la d.ssa Giovanna Scassellati. Quest'ultima aveva definito "favole" i dati del Ministro e delle Regioni, tuttavia ben guardandosi dal contestarle: 
"Noi così crediamo alle favole – commenta amara – Il San Camillo fa un terzo di tutte gli aborti della regione Lazio. Nel mio reparto di ginecologia, siamo senza primario, lavoriamo sotto organico e su un sacco di turni. Il problema è che non ci si ribella mai, e quando lo si fa, si viene penalizzati": 
assoluta genericità, come si addice alla funzione del discorso, sollevare un po' di fumo. 
E del resto, scendere sui dati oggettivi è molto rischioso, come dimostrava subito dopo l'intervento della Presidente della LAIGA, d.ssa Agatone:
"Anche i numeri sul carico di lavoro settimanale non collimano con quelli della realtà lavorativa quotidiana, come conferma Silvana Agatone, presidente della Laiga. “All’ospedale Pertini di Roma siamo in tre a fare 80 interruzioni di gravidanza al mese, cui ci sono ad aggiungere gli aborti terapeutici". 
La Agatone sarebbe, quindi, uno dei medici "massacrati" dai turni di IVG? Secondo il suo stesso esempio "drammatico" del Pertini di Roma, gli aborti volontari sarebbero circa 20 alla settimana, oltre a un solo aborto "terapeutico" (cioè dopo i primi 90 giorni di gravidanza, che sono il 4% del totale). Quindi, ogni medico fa 7 aborti alla settimana, in circa tre ore ... 
D.ssa Agatone, prima di "sparare" numeri, provi a ragionarci sopra; soprattutto, per usare l'espressione della d.ssa Scassellati, non ci racconti favole!

Ma questo era il "fumo", diffuso perché i dati del Ministro della Salute non venissero compresi. Dopo qualche settimana, ecco il Congresso Nazionale della Laiga, ovviamente ben "coperto" dalla stampa nazionale: e, così, su Repubblica.it la d.ssa Agatone può nuovamente proclamare che l'accesso all'aborto è sempre più difficile e che le donne sono costrette ad "emigrare" da una Regione all'altra (dato che le Relazioni ministeriali hanno sempre mostrato, fin dagli anni '80). Ovviamente taciuto il dato sull'efficienza del servizio. 
La tattica è quella di evidenziare un'emergenza che non esiste. Leggiamo cosi:
"Per questo Laiga ha inaugurato una rete nazionale di avvocati aiuterà le donne che hanno avuto difficoltà nell'accesso all'interruzione di gravidanza. "Attualmente i medici non obiettori applicano con preoccupazione la legge 194 - spiega la presidente Silvana Agatone - non solo perché le strutture non forniscono i mezzi ed il personale necessario, ma anche perché si opera tra mille difficoltà anche burocratiche e organizzative. A tutela delle scelte degli operatori, sarà presentata una rete di avvocati presenti su tutto il territorio nazionale, pronti a seguire l'iter di eventuali denunce nei confronti dei ginecologi e del personale non obiettore e a salvaguardia delle donne cui non siano riconosciuti i propri diritti riproduttivi"
Ecco: aspettiamo cause di donne cui è stato impedito di abortire. Che voi sappiate, questo diritto è stato negato a qualche donna che aveva in mano il famigerato "certificato"? 
E le denunce nei confronti del personale non obiettore? La d.ssa Agatone non può evitare di usare l'aggettivo "eventuali" ... sapete di qualche medico non obiettore che è stato denunciato?
Veramente iniziamo ad avere conoscenza di sanitari obiettori denunciati, vilipesi, oltraggiati, fatti licenziare ... ma, si sa, questo non conta. 

Favole ...

Giacomo Rocchi