giovedì 11 settembre 2014

Cosa serve davvero la legge sulla fecondazione eterologa?

La telenovela sulla legge da approvare a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il divieto di fecondazione artificiale eterologa si arricchisce di una nuova puntata, davvero sorprendente.

Abbiamo più volte osservato che il mondo cattolico e prolife ufficiale, all'unisono, fin dal giorno in cui la Corte Costituzionale comunicò la sua decisione, ha esclamato: "ci vuole una legge!". Ora scopriamo che, dietro questo coro unanime, le intenzioni erano diverse.

Ricordate la lettera dell'on. Roccella ai colleghi parlamentari con l'individuazione delle questioni da risolvere? Francesco Agnoli aveva sintetizzato la proposta in due punti importanti, che avrebbero potuto ottenere l'effetto di "riduzione del danno da Corte Costituzionale": l'obbligo di gratuità della donazione dei gameti e il divieto di anonimato dei donatori.

Ora scopriamo che il "vero" obiettivo di alcuni politici sedicenti cattolici era quello accennato en passant da Carlo Casini, "per conservare nel massimo possibile la logica dell'articolo 1 della legge 40 che fissa il diritto al figlio": l'utilizzo degli embrioni soprannumerari congelati ed "abbandonati" nei congelatori dai loro genitori.
La proposta di legge Fioroni, Valiante e Gigli prevede proprio questo: "La PMA eterologa è consentita anche ricorrendo all’uso di gameti femminili o di embrioni soprannumerari resi disponibili da coppie che abbiano precedentemente fatto ricorso alla PMA omologa"

Niente di nuovo: l'Adozione per la Nascita è un argomento che circola nell'ambiente cattolico da alcuni anni ed è stato sostenuto esplicitamente da Scienza e Vita, nonostante la Dignitas Personae la qualificasse come soluzione moralmente illecita, sulla base dell'insegnamento di Giovanni Paolo II.

Quello che colpisce è la rapida "capacità di adattamento" alla nuova situazione creatasi: la sentenza della Corte Costituzionale, in fondo, forse non è un fatto così negativo, perché permette di fare quello che da tempo sostenevamo ...
E' la logica della fecondazione in vitro in cui, chi ha inventato la legge 40, è evidentemente immerso: gli embrioni devono "servire" a qualcosa, perché non utilizzarli per tentare una nuova gravidanza?
La soluzione, poi, serve a completare il quadro di autoassoluzione per gli autori della legge 40.
Ricordate? Gli embrioni trasferiti nel corpo materno dopo la fecondazione in vitro e morti per mancato attecchimento, secondo il Movimento per la Vita, non vengono uccisi, ma "affidati alla natura": a ciascuno di essi è stata data la chance di nascere. La loro morte non è colpa di nessuno!

E gli embrioni congelati? Ecco, diamo loro la possibilità di essere trasferiti nel corpo di una donna diversa dalla loro madre! Moriranno? E' la natura ... non è colpa di nessuno ...

Giacomo Rocchi

lunedì 8 settembre 2014

Fecondazione artificiale eugenetica? Ma quando mai ...

Da "Sassari Notizie" dell'8/9/2014:

Partirà lunedì 08 settembre 2014, alle ore 9.00, nella sede Laore di via Galvani a Olbia, il primo corso in Sardegna di fecondazione artificiale nella specie suina, organizzato dalla Asl di Olbia, con l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo in Agricoltura (LAORE) e la Coldiretti Gallura, mirato ad abilitare le figure professionali di “operatore pratico” di fecondazione artificiale così come previsto dalla legge n° 74 dell’11/03/1974: in Sardegna l’ultimo corso di formazione era stato organizzato circa trent’anni fa. 
Per diventare operatori pratici che intendono esercitare l'attività di inseminazione artificiale devono effettuare un percorso formativo e superare un esame di abilitazione: “queste figure professionali sono ormai quasi inesistenti nella realtà suinicola isolana: da qui l’importanza di questo percorso formativo che consentirà di formare nuovi operatori che ci permetteranno di effettuare, in tempi celeri, il rinnovamento genetico ed il progresso della selezione, con minori spese rispetto all’allevamento suinicolo tradizionalmente praticato”, aggiunge Bacciu.
 “L’operatore pratico, attraverso la promozione della fecondazione assistita, contribuirà a prevenire la diffusione della Peste Suina Africana che vede nella movimentazione clandestina dei “riproduttori” un’importante fattore di rischio; si consideti che in Sardegna sono circa 17.000 gli allevamenti suinicoli, rispetto ai 6.000 della Lombardia e del Lazio”, spiega Giuliano Sanna, responsabile dell’unità di crisi per la peste suina africana della Asl di Olbia.

Gli allevatori per garantire il rinnovamento genetico dei propri allevamenti ed evitare la consanguineità, spesso praticano illegalmente, evitando controlli e autorizzazioni, lo scambio dell’animale da un allevamento all’altro, “una pratica molto diffusa nella nostra realtà isolana, fonte però di trasmissione delle patologie, come la peste suina africana” aggiunga Sanna. “La Asl di Olbia, grazie alla proficua collaborazione tra i servizi veterinari e le aziende suine, è riuscita, da oltre un anno, ad eradicare questa patologia dai suini domestici, nonostante nel 2012 siano stati registrati in Gallura una cinquantina di casi, sui circa 100 dell’intera Regione”, conclude Sanna.

le lezioni dureranno 3 mesi e prenderanno il via l’8 settembre , per concludersi il 18 dicembre 2014, con l’esame di abilitazione: durante le lezioni sono previste prove pratiche e studio delle malattie infettive trasmissibili, con particolare riferimento alla Peste suina africana e sulla biosicurezza negli allevamenti suini. Saranno una quarantina gli allevatori suinicoli della provincia di Olbia-Tempio che parteciperanno, a distanza di trent’anni dall’ultimo corso, a questo importante percorso formativo.

venerdì 5 settembre 2014

I giornali cattolici censurano i vescovi? Avvenire, mons. Nosiglia e la fecondazione eterologa

Nel mese di luglio avevamo segnalato che il Servizio di Informazione Religiosa (S.I.R.) aveva proposto una sintesi dell'intervento di mons. Crepaldi sulle iniziative da prendere dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa che cancellava ogni riferimento alla fecondazione omologa e alla necessità di vietarla.
La legge 40 - che, appunto, ha legalizzato la fecondazione in vitro omologa - non si tocca!


Leggiamo ora un passo dell'intervista di Mons. Nosiglia, vescovo di Torino, al settimanale diocesano "la Voce del Popolo":
Perché la Chiesa non approva la fecondazione eterologa?
Il Magistero della Chiesa è intervenuto più volte sul problema della procreazione medicalmente assistita. La Congregazione per la Dottrina della Fede in particolare affronta il tema in due documenti: Donum vitae (1987), Dignitas personae (2008). Il primo precisa che il concepito non può essere voluto «come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica. Nessuno può sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio» (II,B.4c). Questa osservazione vale già per la fecondazione omologa, cioè per la procreazione artificiale realizzata con i gameti dei coniugi. (il grassetto è nostro) A maggior ragione risulta ineludibile per la fecondazione eterologa, ottenuta mediante l'incontro di gameti di almeno un donatore estraneo alla coppia".
Ecco come E' Vita - supplemento di Avvenire in materia di bioetica - riassume l'intervista: (i grassetti sono nostri)
"Il problema non è, in materia di vita e di generazione della vita, di sperimentare tutto quanto la scienza rende possibile, ma piuttosto di dare un senso e un "valore" condiviso alla vita come al desiderio di genitorialità: «Nessuno – ricorda Nosiglia – può sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio», facendo riferimento al magistero recente della Chiesa ("Donum vita" e "Dignitatis personae"). Ma il ragionamento dell’arcivescovo di Torino si allarga a considerare il tema della fecondazione eterologa nel contesto più ampio della realtà familiare italiana: un "mondo" che avrebbe invece grandi risorse da offrire, se opportunamente incoraggiate e incentivate, per quanto riguarda l’adozione, e anche le forme di affido già previste dalla legge. Non si può dimenticare, sottolinea Nosiglia, «che un figlio non è qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, il più grande e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori. Non esiste, come invece si vorrebbe far credere, un diritto al figlio».
E, nel prosieguo:
"L’arcivescovo Nosiglia collega direttamente le tematiche della fecondazione eterologa (e più in generale della bioetica) allo scenario culturale complessivo, in vista di quell’appuntamento importante che è il convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel 2015."

Accipicchia! Al giornalista di Avvenire è sfuggita la frase riguardante la fecondazione omologa ...

Giacomo Rocchi

giovedì 4 settembre 2014

Nostalgia del far west

Il Servizio di Informazione Religiosa diretto da Domenico Delle Foglie pubblica una consistente anticipazione di un articolo del vescovo di Torino, mons. Nosiglia, che sarà pubblicato sul settimanale diocesano.
Il titolo del servizio, si potrebbe osservare, è tutto un programma:

ETEROLOGA E ADOZIONI GAY: MONS. NOSIGLIA (TORINO), “EVITARE IL FAR WEST”

Ebbene sì! Quel "far west" da tanti evocato all'epoca dell'approvazione della legge 40, quell'immagine selvaggia che aveva permesso di serrare le fila, di approvare la legge di legalizzazione della fecondazione in vitro e di convincere gli italiani ad andare al mare, invece di votare al referendum radicale, sta per tornare!

Come potrebbe Domenico Delle Foglie tralasciare questo pericolo? Ora finalmente si potrà ricominciare a dire "cattivo!" ai riottosi, a censurare, a stabilire chi è dentro e chi è fuori dalla Chiesa! Ora si potrà smettere di parlare del disastro annunciato e puntualmente realizzatosi nei dieci anni di vigenza della legge 40: abbiamo un nuovo orizzonte: partiamo!

Vediamo come mons. Nosiglia argomenta la sua affermazione:
"Ora, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 9 aprile scorso che ha dichiarato illegittimo il divieto dell’eterologa, è doveroso che al più presto vengano date norme sicure che regolamentino la questione su tutto il territorio nazionale per evitare il far west, le derive eugenetiche e l’instaurarsi di un subdolo mercato procreativo animato dalla logica del figlio a tutti i costi”.
C'è quindi, un "prima" e un "dopo": e il discrimine è la sentenza della Corte Costituzionale sull'eterologa; "prima", evidentemente non esistevano derive eugenetiche e la legge 40 impediva "la logica del figlio a tutti i costi".
Interessante è l'obiettivo perseguito: "regolamentare la questione su tutto il territorio nazionale"; il vescovo di Torino si preoccupa che in Puglia le coppie vengano trattate diversamente da quanto avviene nella sua Regione?

Il fatto è che 
"La generazione di una persona non può essere confusa con la produzione di un oggetto fatto a dimensione dei propri bisogni e della propria insaziata sete di genitorialità”, come afferma mons. Nosiglia, e che "e il concepito non può essere voluto come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l’oggetto di una tecnologia scientifica".
Giusto! 
Esattamente il vescovo di Torino sottolinea che questa osservazione "vale già per la fecondazione omologa, cioè per la procreazione artificiale realizzata con i gameti dei coniugi"
ma aggiunge: 
"A maggior ragione risulta ineludibile per la fecondazione eterologa, ottenuta mediante l’incontro di gameti di almeno un donatore estraneo alla coppia. Così si priva il nascituro della relazione filiale con le sue origini parentali e c’è il rischio di ostacolare la maturazione della sua identità personale”. 
Cosa fare, allora? Abbiamo visto che mons. Nosiglia, all'inizio dell'intervista, chiede l'approvazione di una legge nazionale. Di quale contenuto e con quale finalità?
Qui è la domanda dell'intervistatore ad indicare le finalità della legge: "Che cosa si potrebbe fare per favorire vie diverse dall’eterologa alle coppie sterili che desiderano un figlio?"
La risposta è la seguente: 
"La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio con problemi di handicap, è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente considerare. Da parte degli sposi il desiderio di un figlio è naturale:esprime la vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell’amore coniugale. Tuttavia “il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, ‘il più grande’ e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori”. È quindi “molto opportuno favorire maggiormente le adozioni e pubblicizzare anche la possibilità per le donne gravide che, per i più diversi motivi, non si sentono nella condizione adatta ad allevare un figlio, di consentirne l’adozione, come è già previsto nell’ordinamento italiano”.
Tutto qui? Nessun divieto, ovviamente: solo la promozione dell'adozione.

Abbiamo parlato del "prima" e del "dopo": mons. Nosiglia pare tuttavia dimenticare le centinaia di migliaia di embrioni prodotti e inevitabilmente morti; le decine di migliaia di quelli prodotti e congelati; le migliaia di quelli sottoposti a sezionamento mediante la diagnosi genetica preimpianto; le centinaia di quelli prodotti, trasferiti in utero e poi abortiti volontariamente; i bambini nati con malformazioni derivanti dall'essere stati prodotti con la fecondazione artificiale; i milioni di euro che le coppie disperate hanno versato dopo che la legge 40 ha legalizzato queste tecniche; i soldi pubblici spesi per finanziare la fecondazione in vitro; le migliaia di donne bombardate da ormoni e i numerosissimi casi di sindrome da iperstimolazione ovarica; le coppie distrutte dal reiterato ricorso ai cicli di fecondazione artificiale ...

Il far west sta per arrivare oppure - anche se in modo più asettico, ufficiale, autorevole, statale - siamo rimasti nella stessa prateria dove scorrazzano cow boy e indiani anche in questo decennio?

Non sarà, forse, il momento di dire che la produzione artificiale dell'uomo deve essere sempre vietata?
Giacomo Rocchi

lunedì 1 settembre 2014

La difesa della vita dopo la sentenza sulla fecondazione eterologa/ 6. Cosa fare?

Ecco che torniamo alla domanda: che fare dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa? È la domanda su cui ci siamo esercitati in questa estate.

Forse, per eliminare qualche equivoco, la domanda dovrebbe essere articolata con riferimento ai soggetti e alla doverosità o discrezionalità della condotta.
Mi spiego: mi ha colpito molto che il dibattito all'interno del mondo cattolico e prolife si sia incentrato – come abbiamo già visto – sul richiamo al n. 73 dell'Evangelium Vitae, o, almeno, sulla parte di tale numero che viene continuamente citata.
Quel passaggio riguarda, infatti, la condotta di un parlamentare. Rileggiamo il passo: "Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. [...] Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui".
Con il corsivo abbiamo evidenziato l'ambito coinvolto nell'enciclica, ma anche la valutazione che Giovanni Paolo II dava della condotta descritta: il parlamentare potrebbe – e non: deve – lecitamente offrire il sostegno ad una proposta limitativa.

Pretendere di utilizzare questo passaggio come unico criterio per indirizzare le azioni della galassia prolife, ma anche del mondo cattolico, è chiaramente errato: l'azione per la difesa della vita, infatti, non si riduce ad un voto parlamentare in una determinata situazione. Si nega, in questo modo, il ruolo specifico ed autonomo del parlamentare che è chiamato ad agire, in scienza e coscienza, per l'approvazione delle leggi.
Il giudizio espresso è, quindi, quello di "liceità" – e non di doverosità; liceità subordinata ad una presa di posizione pubblica di "assoluta opposizione all'aborto". Anche mons. Crepaldi, nello scritto più volte citato, ritiene "possibile ed auspicabile … intervenire con una legislazione correttiva e di contenimento".

Non confondiamo, quindi, i piani ed i soggetti: l'equiparazione del "popolo della vita" ad un "parlamentare" forse è possibile solo quando il popolo si fa legislatore (in Italia con il referendum abrogativo), ma non in generale.
In altre parole, può non esservi contraddizione tra il popolo della Marcia per la Vita che, a gran voce, manifesta la propria opposizione all'aborto e chiede l'abrogazione della legge 194 e la condotta di un singolo parlamentare cattolico che, in piena coscienza, dopo avere interamente soddisfatto il prerequisito di manifestare pubblicamente e a tutti la propria opposizione all'aborto (non che se ne vedano molti, mi sembra), sostenga una proposta parziale.

Ecco che la dotta e interessante discussione tra Giorgio Carbone e Tommaso Scandroglio acquista la sua giusta portata: la liceità/illiceità e doverosità/discrezionalità di una proposta di legge che limiti i danni (quella che l'on. Roccella preannuncia, ma non ha ancora presentato) non riguarda tutti, ma i parlamentari che ritengono di essere cattolici e difensori della vita; anche perché, aggiungo, ai prolife interessa fino ad un certo punto che la fecondazione eterologa sia sicura, che un uomo non possa essere padre di più di 10 figli, che si possa risalire al donatore in caso di malattia del figlio o, addirittura, che si eviti la produzione di embrioni portatori di malattie (dobbiamo evitare anche la produzione di embrioni down?): la fecondazione in vitro determina in ogni caso la morte di innumerevoli embrioni, la loro selezione, il loro congelamento ecc.; e il ricorso alla fecondazione in vitro è in ogni caso contrario al bene della famiglia e dei coniugi che ne hanno accesso!
Come scrive Francesco Agnoli, si tratta di un dovere del parlamentare (eroico o meno che sia); del resto, anche la Costituzione riconosce la piena autonomia del parlamentare che "esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato" (art. 67 Cost.).

La lotta contro la fecondazione in vitro.
Quindi, l'on. Roccella faccia quello che ritiene giusto ed opportuno; ma noi decidiamo cosa fare!

La prima cosa da fare, secondo me, è togliere le mani dalla fecondazione in vitro. Se abbiamo compreso che quelle tecniche sono cattive in sé, non possiamo più accettare che ospedali cattolici facciano FIVET, magari congelando gli embrioni soprannumerari, o che ancora si presentino all'opinione pubblica cattolica esperti di tecniche "buone" (come, ad esempio, quella del congelamento degli ovociti).
Questo è stato ripetutamente detto, ma la compromissione del mondo cattolico con queste tecniche antiumane è proseguito, procurando un grave scandalo.
Dobbiamo stare fuori dal mondo della fecondazione in vitro, perché vogliamo che esso scompaia.

Vi è poi la necessità della "lotta culturale" di cui parla anche mons. Crepaldi: dobbiamo mostrare e dimostrare che è un bene per l'umanità, per i singoli uomini coinvolti e anche per la società democratica che la produzione extracorporea dell'uomo venga cancellata dall'orizzonte del consesso umano; dobbiamo essere in grado di esprimere nei confronti di quelle tecniche lo stesso orrore che manifestiamo nei confronti degli esperimenti nazisti. Molto importante sarà anche la riflessione sulla deformazione dell'arte medica che quelle tecniche provocano.

Vi è, infine, l'impegno politico e legislativo.
Mi sembra evidente che, ormai, la proposta prolife non possa che indicare la necessità di una riforma costituzionale che introduca il divieto di produzione extracorporea dell'uomo: infatti, dopo che le tecniche sono state legittimate dal legislatore con la legge 40, la Corte Costituzionale ha, in qualche modo, ritenuta "costituzionalmente necessaria" la regolamentazione delle tecniche (ciò ha fatto a partire dalla sentenza n. 45 del 2005 che non ha ammesso il referendum riguardante l'intera legge, ribadendolo anche nell'ultima sentenza).
Per piegare la resistenza della Corte Costituzionale occorre, quindi, cambiare la Costituzione.

Prolife, parlamentari e vescovi.
In questa azione i movimenti prolife devono tornare ad avere quella libertà di movimento e di espressione che, purtroppo, sia all'epoca dell'approvazione della legge 40, sia successivamente, è decisamente mancata, con la censura e la "scomunica" di chi si opponeva a quel progetto.

Qui entra in gioco un terzo soggetto – dopo i parlamentari sedicenti cattolici e i movimenti prolife – che ha avuto e ha ancora grande peso nel nostro Paese: i Vescovi della Chiesa Cattolica.
Occorre chiedersi (per chi scrive è una domanda retorica) se davvero sia stato proficuo quel legame stretto tra il vertice della Conferenza Episcopale, alcuni parlamentari sedicenti cattolici e il Movimento per la Vita che ha fatto sì che l'adesione allo specifico progetto di legge da parte del primo trasformasse la questione quasi in una questione di fede e/o morale così da ritenere che i contrari stessero fuori dalla Chiesa!
"Lo hanno detto i Vescovi!": questo doveva bastare per tacitare ogni dissenso, spegnere ogni obiezione, marciare tutti verso il (da alcuni previsto) disastro attuale; salvo poi scoprire (o intuire) che la conoscenza dei vescovi (o della maggior parte di loro) del contenuto effettivo del testo di legge era assai limitata.

Questo modo di operare è stato ripetuto con la proposta di legge sulle DAT che – per fortuna di tutti e del Paese – non è stata approvata per un soffio nella precedente legislatura: con Carlo Casini indotto a sostenere pubblicamente il contrario di quanto aveva scritto pochi mesi prima (e a negare di averlo fatto), con la censura ed esclusione dei dissidenti, con la "santificazione" del testo in corso di approvazione che, pur modificato nei vari passaggi parlamentari, sembrava – secondo la versione ufficiale – avvicinarsi alla perfezione.
Se poi si va a studiare il testo – come il Comitato Verità e Vita ha fatto ripetutamente - si scoprono le "imperfezioni" che permetterebbero l'introduzione dell'eutanasia nel nostro Paese. Si rischiava una "vittoria" analoga a quella della legge 40 …

Io non posso certamente insegnare il loro mestiere ai vescovi: sono però felice che mons. Crepaldi – la cui autorevolezza su questi temi è indiscussa – si sia ben guardato da dare indicazioni specifiche su quali leggi approvare e tanto meno sul loro contenuto.

Conclusioni: insieme contro la produzione dell'uomo!
Giorgio Carbone e Renzo Puccetti, in quell'articolo sulla Bussola Quotidiana del 23 febbraio scorso che ha fatto un po' di rumore nel nostro mondo, descrivendo la "strategia del carciofo", concludevano osservando che "la cosa importante che un vero prolife deve imparare è che ciascuno può scegliere quale settore della trincea occupare" e che "in quel settore combatta bene".

Ho già scritto che la strategia dei prolife intransigenti – che cioè non transigono su nessuna vita, anche la più debole e indifesa – non può che essere quella della verità integrale: sulle tecniche di produzione artificiale dell'uomo, la cui malvagità è evidente e deve diventarlo a tutti; sulla legge 40, che, permettendola, è iniqua e deve essere abrogata, tanto più ora che i paletti fondamentali sono caduti; sul nostro ordinamento che, ormai, è ingiusto anche a livello costituzionale, permettendo la fecondazione in vitro (oltre, naturalmente, all'aborto).
Questo è il nostro "settore"; su questa verità integrale dobbiamo lavorare e cercare di riunire tutti i sinceri difensori della vita umana.


Giacomo Rocchi