domenica 22 aprile 2012

Fecondazione eterologa: un altro processo ingiusto?

Nel mese di maggio la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla fecondazione eterologa: tre diversi Giudici ritengono, infatti, che il divieto stabilito dalla legge 40 contrasti con la Costituzione, perché contrario ai principi stabiliti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e perché viola il diritto alla salute delle coppie sterili, in particolare di quelle che solo con il ricorso ai gameti (maschili o femminili, a seconda dei casi) di terzi "donatori" possono sperare di concepire un figlio "proprio".
Abbiamo più volte espresso la nostra contrarietà alla legge 40, che qui non ripetiamo; ma è utile approfondire anche questa questione, che rischia di travolgere uno dei più importanti (fragili) paletti che il legislatore della "legge imperfetta" aveva posto. Cerchiamo di capire, in particolare, come si muovono i nemici della vita e della famiglia. 
Partiamo dalle cause in cui sono state sollevate le questioni di costituzionalità. La Costituzione stabilisce il principio del "giusto processo" e, come prima regola per assicurarlo, stabilisce: "Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale". 
Mi chi sono le "parti" in quelle cause? A Catania, a Firenze e a Milano le coppie sterili hanno citato in giudizio gli istituti che praticano fecondazione in vitro, che si erano "rifiutati" di praticare la fecondazione eterologa; a sostegno delle coppie sono intervenute varie associazioni ben conosciute per perseguire la liberalizzazione totale delle tecniche (Luca Coscioni, Cercounbimbo, Amica Cicogna, Hera, SOS Infertilità, Menopausa precoce), con ciò dimostrando che si tratta di cause "pilota", appositamente ideate per sollevare la questione di costituzionalità.
E il "contraddittorio"? Come si sono difese le cliniche citate in giudizio? Lo leggiamo dalle stesse ordinanze: in una il convenuto "sostanzialmente non si era opposto all'accoglimento della domanda"; in un'altra, la clinica "dichiarava la propria disponibilità ad utilizzare l'unica tecnica di PMA indicata per il caso specifico (cioè quella eterologa), a condizione che venisse rimosso l'ostacolo legislativo"; nella terza, la clinica dichiarava "di condividere le argomentazioni del ricorso ... e si dichiarava remissiva alle richieste dei ricorrenti". Questo sarebbe il contraddittorio, la contrapposizione tra due tesi, una delle quali il Giudice dovrebbe preferire? Ma sono tutti d'accordo!
A ben vedere mancano in queste cause due possibili "parti": il Pubblico Ministero, in primo luogo: ma un Giudice ritiene che non si rientra in nessuna delle ipotesi di intervento "obbligatorio" del P.M. (come se tentare di introdurre tecniche così devastanti per l'istituto familiare fosse azione che non riguarda la collettività ...); e, soprattutto, gli embrioni. Già, i futuri figli, quelli che rischiano di non sapere chi è il loro padre o la loro madre, o di conoscere solo due madri o due padri (la fecondazione eterologa serve anche per le coppie omosessuali), o di conoscere una madre e due padri (quello genetico e quello legale) ... Loro non hanno voce, benché la legge 40 li individui come "soggetti di diritto" dei quali devono essere difesi i "diritti". La Corte Costituzionale, supremo garante del "giusto processo", accetterà di decidere la questione senza sentire la voce di un "curatore" degli embrioni?
Colpisce, comunque, come tre diversi Giudici civili (il giudice civile è il "giudice dei diritti") non si siano nemmeno posti il problema: la considerazione degli interessi dei futuri (possibili) figli è pari a zero, contano solo i diritti degli adulti?
Ma, forse, non ci si deve stupire; la nostra storia recente ha già conosciuto una causa civile in cui si discuteva del destino di una giovane donna; ella non potè difendersi rispetto a chi chiedeva di poterla uccidere e il tutore che doveva difenderla si associò alla domanda di morte. 
Sappiamo come è finita quella causa. Perché una cosa è certa: da un processo ingiusto non possono che derivare decisioni ingiuste.


Giacomo Rocchi

martedì 17 aprile 2012

Commento ad articolo di "E' Vita" - Avvenire del 12 aprile 2012


Colpisce l’enfasi con la quale viene evocata la famiglia dall’autore dell’articolo pubblicato con grande evidenza sull’inserto 'E’ vita' di Avvenire del 12 aprile scorso, secondo cui la fecondazione eterologa negherebbe appunto famiglia e natura.

E’ ben vero che la fivet eterologa, introducendo nella coppia un elemento esterno con l’apporto di un gamete terzo, indebolisce il legame tra i coniugi e viola il fondamentale diritto del figlio a conoscere le sue radici e quindi la sua identità. Ci auguriamo tutti che la prossima sentenza della Consulta di tutto ciò tenga conto e rigetti il ricorso che a far cadere il divieto di fivet eterologa mira, tuttavia vien da chiedersi quale idea abbiano della famiglia l’autore dell’articolo in questione e quanti sono convinti che sia proprio la fivet eterologa ad attentarne alla salvaguardia.

Le cose non stanno proprio così.

E’ infatti la famiglia il luogo della gratuità e dell’accoglienza, in cui ciascuno dei suoi membri è accolto e amato per quello che è. In cui ciascuno è dono per l’altro, a prescindere dalle qualità, dalle doti, dai meriti, o meno. In cui la debolezza, la disabilità, la diversità sono accolte, tutelate, accudite, amate. In cui il figlio è dono, sempre, e come tale accettato, anche quando non è programmato o si annuncia in un frangente non proprio favorevole, o quando, atteso e voluto, non arriva.

Questo lo statuto della famiglia, che mal si accorda non solo con la fivet eterologa, ma con la stessa fivet omologa la quale non è quel piccolo aiuto alla coppia che non riesce a generare, come la locuzione di procreazione medicalmente assistita lascia per lo più intendere, con uno dei più riusciti colpi dell’antilingua, ma una pratica profondamente ingiusta che si ritorce contro la famiglia.

Perseguendo la nascita di un figlio al costo della morte di decine di suoi fratelli, a tal scopo prodotti e sacrificati, la fivet mette in atto infatti contemporaneamente la reificazione del figlio, che diventa un prodotto da laboratorio da manipolare ad libitum, e il dominio dell’uomo sull’inerme qual è l’embrione nei primissimi momenti di vita, sottratto alla tutela e al calore del grembo materno.

Anche il legame di coppia è spesso messo a dura prova dalla fivet, ancorchè omologa, perché gli alti costi, in termini di ansia, frequentazioni di cliniche e laboratori con relative visite e analisi e stimolazioni ovariche, e attesa, spesso protratta per la durata di più tentativi, e destinata a non essere colmata che in percentuale assai esigua, caricano di sensi di colpa il coniuge responsabile della sterilità, fino a farlo sentire inadeguato e non accolto per quello che è.

Non la tutela della famiglia, dunque, ma un indebolimento e uno stravolgimento della sua stessa ontologia, che va di pari passo con l’erosione del concetto di famiglia e della sua natura che da tempo viene attuato da chi per ideologie e progetti suoi va perseguendone la destabilizzazione, lo sgretolamento e l’omologazione ad altre forme di convivenza che di famiglia hanno ben poco. Il collante delle quali non è più il senso del dono di sé e dell’accettazione dell’altro, comunque sia, qualunque cosa accada, ma un contrattualistico porsi aperto a contingenze e soluzioni che sembrino di volta in volta maggiormente gratificare.

Marisa Orecchia


giovedì 5 aprile 2012

Tutta la verità sulla legge 40!



Il tragico episodio del San Filippo Neri, con la morte di decine di embrioni congelati, ha suscitato molte reazioni. Ci interessano quelle che suggeriscono che quegli embrioni erano stati congelati per colpa della sentenza della Corte Costituzionale del 2009 che aveva eliminato il limite massimo di embrioni producibili (tre per ogni ciclo).


Si sostiene, da parte autorevole, che "il terribile incidente del centro di fecondazione artificiale del San Filippo Neri di Roma non sarebbe accaduto o comunque avrebbe avuto conseguenze meno disastrose se la legge 40 non fosse stata parzialmente demolita dalla Corte Costituzionale" e si aggiunge che "la legge 40, nella sua stesura originale, vietava il congelamento degli embrioni e voleva che ogni figlio, sia pure generato artificialmente, venisse ricondotto al suo ambiente naturale: il seno materno" (Avvenire, 5/4/2012, pag. 21); altri, altrettanto autorevoli, sinteticamente osservano che "A seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 2009, le proporzioni del fenomeno crioconservazione hanno assunto dimensioni prevedibili ma finora non immediatamente tangibili. La legge 40 - legge non cattolica - ha avuto il merito di porre un argine alle derive della fecondazione artificiale senza limiti" (Avvenire, 5/4/2012, pag. 21).


La giornalista di Avvenire, Ilaria Nava (Avvenire, 5/4/2012, pag. 20: Legge 40, tutele da non toccare) sembra seguire lo stesso filo logico: "La legge 40 punta ad evitare che si creino embrioni destinati ai frigoriferi e mira a scongiurare a priori la creazione di embrioni in eccesso rispetto a quelli che verranno poi impiantati. Un problema, quello degli abbandoni, molto sentito prima dell'approvazione della legge, quando, di fatto, in Italia vigeva una sorta di "liberi tutti" della provetta. Limiti che la nuova disciplina puntava a definire con chiarezza ma che in parte sono stati resi più labili dall'intervento della Corte Costituzionale del 2009". Solo nella seconda parte dell'articolo emerge un dato, sia pure di sfuggita. Si riferisce, infatti, che "l'articolo 14 vieta la crioconservazione e la soppressione degli embrioni. Il secondo comma è stato parzialmente abrogato dalla Corte Costituzionale ..."; si aggiunge che tutti gli embrioni morti "erano tutti recenti, successivi alla sentenza della Corte Costituzionale", sottolineando che, "in meno di tre anni si sono creati almeno un centinaio di embrioni nel solo centro del San Filippo Neri".

Insomma: è tutta colpa della Corte Costituzionale? La giornalista, correttamente, ricorda al termine dell'articolo: "La legge è chiara nello stabilire che, per crioconservare, è necessaria una grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione".


La Nava non lo dice esplicitamente, ma sì: La legge 40 consente il congelamento degli embrioni! Il congelamento era previsto e permesso fin nella stesura originale della legge.



Il congelamento degli embrioni veniva regolarmente praticato: la Relazione ministeriale sull'attuazione della legge 40 riferiva che nel 2008 - quindi prima che la Corte Costituzionale si pronunciasse - si era proceduto al congelamento di tutti gli embrioni in 257 casi per un totale di 763 embrioni formati e crioconservati (tabelle 3.37 e 3.49). Se la Corte Costituzionale non fosse intervenuta, in dieci anni gli embrioni prodotti e congelati dopo la entrata in vigore della legge 40 sarebbero stati 7.000 (ipotizzando una media di 700 all'anno).



Si potrebbe osservare: "ma il congelamento era ammesso solo in casi eccezionali!". Verrebbe da rispondere: "Andate a dirlo a quei 763 embrioni che nel 2008 sono stati congelati: chissà se saranno sollevati di sapere di essere un "caso eccezionale" ...


Riflettiamo, piuttosto, sulla gravità di quella "eccezione": cosa penseremmo di una legge che stabilisse: "La tortura è vietata. In casi eccezionali (ad esempio, scoprire i colpevoli di atroci delitti) la tortura è consentita, ma con l'obbligo di cessare immediatamente le operazioni di tortura una volta ottenuto il risultato"?

Il congelamento è peggio della tortura! E' una pratica che dimostra la considerazione che si ha degli embrioni: "cose", non persone; "prodotti".



E allora diciamolo chiaramente: consentire la produzione dell'uomo in provetta significa rendere deboli e superabili tutti i limiti che un legislatore di buona volontà possa immaginare; e consentire il congelamento di quei "prodotti" in casi eccezionali porta, inevitabilmente, a consentirlo sempre, tutte le volte che gli adulti lo riterranno utile.



Giacomo Rocchi

lunedì 2 aprile 2012

Guasto al centro di procreazione. L’impianto va in tilt.


Tombe nel ghiaccio
Leggiamo su alcuni giornali di oggi, 1° aprile 2012 - Domenica delle Palme: “Guasto al centro di procreazione. L’impianto va in tilt. Persi 94 embrioni”. Correggiamo subito questo linguaggio: gli embrioni non si sono persi, sono morti. Sono le cose che si perdono, le persone muoiono o vengono uccise. E gli embrioni umani sono persone, non sono cose. Sono persone la cui vita, da poco iniziata, viene bloccata nel suo sviluppo, impediti a crescere e svilupparsi, messi nei freezer come fossero derrate alimentari.

E’ successo qualche giorno fa, i giornali ne danno notizia oggi - Domenica delle Palme - giorno in cui la liturgia della Messa ci narra la passione e la morte di Gesù in croce. Non è un caso: Gesù ci ricorda che con la sua passione e morte ha pagato per noi il prezzo dei nostri peccati, dei peccati commessi dagli uomini di tutti i tempi, e perciò anche dei nostri tempi. Ci dice che, avendo pagato col Suo Sangue preziosissimo il prezzo dei nostri peccati, noi possiamo beneficiare della grazia del perdono. Ma per accogliere il perdono che Lui vuole donarci, dobbiamo riconoscere i peccati, dolercene, pentirci per avere causato la morte del nostro Salvatore, piangere per avere offeso il Dio che ci ha creati, che mai ci tradisce e che non ci abbandona neppure quando siamo noi ad abbandonare Lui.

Allora affidiamo alla misericordia del Signore l’anima di quei 94 piccoli innocenti che sono morti: in questa Settimana Santa offriamo per loro preghiera e penitenza.

Detto questo, dobbiamo domandarci di chi è la colpa della loro morte. Perché il Signore vuole donare il Suo perdono a tutti quanti sono colpevoli della loro morte, ma è necessario che il peccatore riconosca la sua colpa, ne sia pentito per le gravissime conseguenze inimmaginabili, che abbia l’umiltà di confessare la sua colpa al sacerdote che ha il potere di dargli l’assoluzione, il perdono sacramentale.

Di chi è davanti a Dio la colpa della morte di questi nostri 94 piccoli fratelli? Guardando l’ultimo anello vediamo che sono morti a causa di un incidente tecnico all’impianto freezer che li teneva in vita; ma chi ha la colpa dell’incidente tecnico non voleva provocare la morte degli embrioni e perciò davanti a Dio non è colpevole della loro morte. Guardiamo allora gli anelli precedenti.

I genitori hanno fatto fecondazione assistita per avere un bambino, un figlio. Sapevano che con la fecondazione assistita extracorporea gran parte degli embrioni prodotti in vitro muoiono ( in misura del 90/95%, dicono gli esperti) al fine che uno sopravviva e abbia inizio una gravidanza ? Questo i genitori lo sapevano? Glielo hanno spiegato bene?

E arriviamo al primo anello della catena: i tecnici, i medici, le equipe che fanno fecondazione assistita. Loro sanno quello che fanno. Loro sanno che chiamano alla vita esseri umani che nella maggior parte moriranno; sanno che nei tanti freezer come quello dove sono morti i 94 piccoli concepiti, migliaia sopravvivono nelle provette ghiacciate … vivono una solitudine come nessun uomo ha mai vissuto da quando il Creatore ha fatto il mondo (e la solitudine genera angoscia!). Sono piccoli innocenti bloccati nel loro sviluppo, impossibilitati di crescere e svilupparsi.

Loro sanno quello che fanno. Conoscono le procedure, i protocolli, eccetera, applicano tutto con competenza, con professionalità, ma … non si accorgono di compiere un male gravissimo contro l’uomo, un’offesa gravissima alla persona umana e, ancora prima, a Dio, perché con la generazione extracorporea stravolgono il disegno del Padre-creatore e amante della vita. Di certo non sanno (non le sa nessuno) le conseguenze nefaste nel corpo, nella mente, nell’anima, sui figli ‘prodotti’ con queste tecniche.

Stiamo entrando nella Settimana Santa. Ecco, le braccia di Gesù sulla Croce sono aperte per noi, per abbracciarci col Suo perdono, purché noi lo vogliamo.

La Chiesa cattolica, i cristiani, pregano con Gesù morente sulla Croce: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

P.S. : Oggi è il 2 aprile. Ricordiamo il Beato Papa Giovanni Paolo II. Quante volte ha detto, purtroppo inascoltato: “Fermate la provetta!!!”. Ricordiamolo e preghiamolo d’intercedere per noi, perché Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Maria, Vergine Addolorata, Madre di Gesù e Madre nostra, prega per noi!

Bologna, 2 aprile 2012


Paola Pareschi Baravelli
Casalecchio di Reno (BO)